A cura della Redazione
“Esporre lo stendardo di solidarietà ai nostri marò, ingiustamente fermati in India, sulla facciata del Comune di Castellammare di Stabia ha rappresentato, da parte mia, l’adesione convinta e solidale a una iniziativa di carattere nazionale di taglio esclusivamente istituzionale. Chi, oggi, da sindaco, rifiuta o critica l’esposizione dello stendardo dimostra di essere animato da una pregiudiziale di tipo ideologico e da uno scarsissimo senso istituzionale e di identità nazionale. Così come solo un forte orientamento ideologico può portare qualcuno a vedere, dietro una iniziativa palesemente istituzionale, motivazioni ideologiche o, peggio, partitiche. È dovere di ogni italiano, oggi più che mai, difendere con ogni mezzo a disposizione due splendidi e valorosi figli della Patria. Due ragazzi forti e coraggiosi che non hanno esitato a mettere la propria vita e il proprio futuro al servizio della difesa della Nazione, dei suoi cittadini e dei suoi interessi”. Lo ha detto il sindaco di Castellammare di Stabia, Luigi Bobbio, commentando l’esposizione dello striscione sulla facciata di Palazzo Farnese. “Un servizio che, peraltro, giova evidenziare, si è espresso in una cornice assolutamente nitida e chiara di ferreo rispetto delle regole del diritto nazionale e internazionale. Farò tutto quanto sarà necessario o mi sarà richiesto per fare la mia parte affinché i due nostri marò possano essere restituiti quanto prima alla loro Patria e alle loro famiglie. Sono orgoglioso di loro e loro mi rendono orgoglioso di essere italiano. Ciò che mi rende molto meno orgoglioso è l’ennesima uscita giudiziaria che, nella sua assoluta criticabilità, potrebbe anche autorizzare letture dietrologiche e svelare retro pensieri di carattere ideologico. La Procura di Roma, infatti, trincerandosi dietro l’ormai tanto logora quanto abusata formuletta dell’atto dovuto, ha scelto, nel compiere l’unico atto veramente dovuto, cioè l’apertura delle indagini, in un momento in cui le poche notizie disponibili andavano in tutt’altra direzione, di iscrivere a modello 21 i due eroici militari con l’ipotesi di reato più ignobile e infamante cui si potesse pensare: omicidio volontario, ossia, per capirsi, quello che si contesta ai mafiosi, ai camorristi e agli assassini in genere”, ha aggiunto Bobbio. “Se l’apertura delle indagini è atto dovuto, in casi del genere, la qualificazione giuridica del fatto è nella piena disponibilità, secondo scienza e coscienza, del magistrato inquirente che, in questo caso, in maniera assolutamente incomprensibile, piuttosto che optare al più per un eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi o dell’adempimento del dovere, ha preferito marchiare d’infamia i nostri militari con una contestazione di omicidio volontario spropositata e assurda rispetto ai fatti noti e alle prospettive investigative. Bisognerebbe ricordare a questo pubblico ministero che, nel corso di un’indagine ben condotta, un eccesso colposo può anche diventare omicidio volontario se i fatti accertati vanno in quella direzione, e – al contrario – che un omicidio volontario frettolosamente e stranamente contestato all’inizio dell’indagine può facilissimamente diventare, all’esito della stessa, un eccesso colposo o addirittura un’archiviazione. Quello che resta però, in quest’ultimo caso, è il gravissimo danno causato all’immagine dei due militari, il danno causato agli stessi nella sede processuale straniera alla quale oggi sono sottoposti e il danno causato all’immagine della Nazione. Ma purtroppo, come a tutti noto in questo Paese, non sempre le Procure hanno a cuore i valori che ho appena richiamato. Una cosa è certa: come sindaco e come italiano mi resta l’orgoglio per l’immagine dei due figli di questa nostra Patria diritti, coraggiosi e fieri nella loro divisa da marò”, ha concluso Bobbio. COMUNICATO