A cura della Redazione
La Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli ha diramato un comunicato ufficiale nel quale si riconosce la notizia anticipata dalla stampa. In essa si riporta che la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, nell’ambito degli accertamenti tecnici per verificare la presenza di amianto negli scavi di Pompei, con risvolti di natura igienico-sanitariA, ha notificato un´informazione di garanzia al soprintendente pro-tempore Teresa Elena Cinquantaquattro. Vale a dire, la dirigente di massimo grado del Ministero dei Beni Culturali nell’area archeologica della provincia di Napoli. La direzione della Soprintendenza ha altresì fatto sapere di aver sempre svolto attività di bonifica del territorio e di monitoraggio delle sedi di lavoro e dell’area archeologica, al fine di garantire le adeguate condizioni di sicurezza per la salute dei lavoratori. Nel suo messaggio, la Cinquantaquattro assicura piena collaborazione agli inquirenti, fiduciosa nell´intervento chiarificatore della magistratura. E’ una vicenda che dura da quasi 30 anni quella che riguarda la presenza d’amianto negli scavi di Pompei. Una vicenda che parte nel 1984 con la costruzione della prima ala di prefabbricati di via Villa dei Misteri. Allora ci furono le proteste dei sindacati che divennero più pressanti due anni dopo, quando fu costruita la seconda ala dei prefabbricati. Tra l’altro, gli impiegati che lavoravano nella prima ala furono costretti a respirare le particelle dell’amianto che venivano “lavorate” in loco. La storia, tra rimostranze, assemblee, incontri e palliativi, è andata avanti fino a poco tempo fa, quando un cancro alla gola è stato diagnosticato ad un dipendente con certificazione Inail, che attesta che il carcinoma si è formato a causa delle particelle d’amianto che si respirano nel sito direzionale Mibac di Pompei. Ad onor del vero, in questi 30 anni la direzione degli Scavi di Pompei non è restata immobile riguardo al problema. Ha portato avanti un progetto di creazione di un centro direzionale in muratura nella cittadella di San Paolino (una serie di palazzine disabitate in cui un tempo alloggiava parte del personale degli scavi). In poche parole, il piano prevedeva la dismissione dei prefabbricati in amianto, siti nell’estrema area occidentale degli scavi, per trasferire contestualmente il personale: i custodi in una nuova struttura in acciaio, gli impiegati nelle case di San Paolino, una volta ristrutturate. Il tutto tenendo il controllo ambientale del sito lavorativo nei limiti fissati dalla legge del ´92 riguardo alla quantità di particelle d’amianto liberate nell’aria. La burocrazia, i contrasti interni tra direttore generale e soprintendente degli scavi di Pompei, la politica, i commissariamenti e quant’altro hanno impedito che questo progetto, messo a punto nel corso della gestione Guzzo, arrivasse in porto. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. La mancanza di prevenzione in tempo utile ha fatto scoppiare il caso amianto in tutta la sua gravità. Sotto inchiesta è la presenza del metallo tossico nei prefabbricati (e successivamente nel sottosuolo di un percorso degli scavi). Le lotte dei sindacati sono arrivate fino alla direzione del Ministero. Sono aumentati a sette i casi di cancro tra il personale e la vicenda amianto ha avuto alcuni risvolti di cronaca clamorosi che non potevano non richiamare l’attenzione della magistratura. Così è stato. Ora il procuratore Diego Marmo ha aperto un fascicolo d’inchiesta che si allinea sullo scaffale della Procura di Torre Annunziata con quello dei crolli degli scavi di Pompei. In esso, per il ruolo che ricopre, la sovrintendente Cinquantaquattro assume la veste di persona indagata. MARIO CARDONE