A cura della Redazione
Al centro sociale PompeiLab, mercoledì sera, sono andati in scena i fatti del G8 di Genova. Proiettato il film degli episodi di violenza avvenuti da giovedì 19 luglio a domenica 22 luglio 2001, nel corso della riunione dei capi di governo dei maggiori paesi industrializzati. In quegli stessi giorni, e nei due giorni precedenti, i movimenti no-global e le associazioni pacifiste diedero vita a manifestazioni di dissenso, seguite da gravi tumulti di piazza, con scontri tra forze dell´ordine e manifestanti. Durante uno di questi, trovò la morte il manifestante Carlo Giuliani. Dopo la proiezione del documentario i presenti hanno commentato l’accaduto con il padre di Giuliani, la vittima emblematica. Il ragazzo rimasto a terra, schiacciato nell’asfalto dopo essere stato colpito alla testa da un proiettile sparato dall’interno di un defender dei carabinieri, mentre tentava di lanciargli contro un idrante dal momento che si era accorto che dal fuoristrada spuntava un’arma che puntava contro di lui. Successivamente la jeep dei carabinieri si allontanò. Nella manovra di rientro passò per due volte sul corpo inerme del ragazzo. Dopo quell’episodio, che ha segnato la storia del nostro Paese, il pubblico ministero Silvio Franz archiviò il caso. Ne consegue che alla famiglia Giuliani non è mai stato concesso un processo per chiarire i lati oscuri di quella brutta storia. Si ritenne allora che il carabiniere Mario Placanica che sparò a Giuliani (ma fu davvero lui?) avesse agito per legittima difesa. Nei sei anni successivi lo Stato italiano subì alcune condanne in sede civile per gli abusi commessi dalle forze dell´ordine in quei giorni. Nei loro confronti vennero aperti altri procedimenti in sede penale, per i medesimi reati contestati, mentre altri procedimenti vennero avviati contro i manifestanti per gli incidenti avvenuti durante le proteste. Il dibattito di mercoledì è sfociato nelle considerazioni sulla necessità di aprire un dialogo nei confronti dei giovani che entrano in Polizia e nell’Esercito italiano, al fine di conseguire, da parte di quei ragazzi, una gestione consapevole delle manifestazioni di piazza, aperte alla comprensione di esigenze contrapposte che non possono prescindere dal significato di rivendicazioni di chi non ha altro modo per farsi sentire nella lotta ai soprusi, alla sopraffazione ed ai disagi economici. Manifestazioni di protesta che, purtroppo, sono cronaca quotidiane. Coinvolgono giovani, precari, migranti e disoccupati contro le ingiustizie nella gestione della crisi economica da parte dei governi nazionali. Avere una formazione contro la violenza ed a tutela dei diritti civili, tra i quali rientra il diritto di manifestare, è attuatmente una prerogativa indispensabile per gli uomini chiamati a gestire l’ordine pubblico. MARIO CARDONE