A cura della Redazione
La mancanza di un museo archeologico a Pompei, dove esporre in via permanente molti reperti, attualmente stipati nei magazzini della soprintendenza vesuviana, è argomento su cui si dibatte da tempo senza pervenire ad una soluzione. Parliamo di elementi accessori (o staccati) degli edifici pubblici e privati della città antica. Oggetti pensili o suppellettili delle domus. L’urgenza di allestire una mostra permanente è all’ordine del giorno. Agli operatori turistici ed al ceto dirigente del territorio non va giù l’idea che molte statue, decori, utensili, calchi ed oggetti che potrebbero creare richiamo turistico, debbano restare chiusi nei magazzini della Soprintendenza e vedere la luce solo in occasione di mostre distanti dal luogo dove i reperti sono stati scavati. L’apertura recente, dopo il restauro, della casa degli Amorini Dorati, il cui peristilio è stato privato di buona parte della singolare collezione di arredi fissi e mobili, è stata vista da alcuni (come l’ex direttore dell’azienda di turismo Garzillo) come un torto a chi duemila anni fa l’aveva voluta, e a chi, successivamente, la rinvenne quasi intatta. Poppeo Abito, spirito raffinato ed eclettico, probabile parente di Poppea, moglie di Nerone, a sua volta residente nella magnifica villa di Oplonti, ha cercato probabilmente di lasciare ai posteri un segno del suo singolare modo di sentire. La villa è detta degli Amorini Dorati per la presenza di dischi di vetro con foglia d’oro in cui è incisa la figura di Amorino. Gli amorini decoravano la stanza da letto matrimoniale. Ne è rimasto un unico esemplare. L’edificio ristrutturato è un’abitazione signorile, una delle più rinomate della Pompei antica. L’elemento più notevole è il peristilio con un lato scenograficamente sopraelevato. Gli affreschi principali, danneggiati dal terremoto del 62 d. C., vennero restaurati “in stile”, a dimostrazione dell’interesse di antiquario-collezionista del proprietario (probabilmente un artista di teatro). Sorprendente la presenza di due distinti luoghi sacri: un larario con colonnine in marmo e statuette di Giove, Giunone e Minerva, Mercurio e dei due Lari, ed un secondo dipinto con le raffigurazioni delle divinità egizie Iside, Serapide, Arpocrate e Anubi, e di vari strumenti di questo culto orientale. Il restauro, che ha interessato il rifacimento delle strutture ed il consolidamento delle pitture parietali e degli stucchi, non ha previsto il reinserimento in sito della maggior parte degli arredi del peristilio. In questo modo la villa ha perso la caratteristica che la rendeva unica nel suo genere grazie all’arredamento che comprendeva oggetti di diverso stile ma ben assortiti. Dove sono finite le maschere ed i dischi marmorei (oscilla) che pendevano sospesi tra due colonne, le erme, i pannelli a rilievo dove prevale il motivo delle maschere teatrali? Nei depositi della Soprintendenza sono stipati buona parte di questi reperti. Vale a dire quelli che hanno resistito ai bombardamenti degli americani alla fine della seconda guerra mondiale, ai ladri ed agli atti vandalici purtroppo non rari nel corso delle visite. E’ quanto si apprende dalla direttrice del sito archeologico di Pompei, Grete Stefani, che ha spiegato che spesso sono state rubate negli scavi di Pompei anche copie di statue ed arredi di giardino. Una spiegazione che lascia aperto il problema di ridare alla “Casa degli Amorini Dorati” la sua fisionomia originale, in cui l’architettura e l’arredo del peristilio sono elementi fondamentali. Altro problema è quello di mantenere, in occasione dei futuri restauri del “Grande Progetto Pompei”, l’integrità degli edifici (comprensivi di affreschi e parti staccate) a disposizione delle visite culturali, o trovare il modo (anche con musei temporanei) di renderli disponibili all’attività turistica. MARIO CARDONE