A cura della Redazione
Un congresso di agenti assicurativi si è concluso, venerdì sera, con una cena – evento nell’Anfiteatro degli Scavi Archeologici di Pompei. Iniziativa questa che, anche se non è la prima, ha acceso lo sdegno del presidente dell’osservatorio sul patrimonio culturale vesuviano, Antonio Irlando, che ha twittato immediatamente al ministro Massimo Bray tutto il suo disappunto riguardo ad iniziative del genere che banalizzano il valore del nostro patrimonio culturale. “Cena nell’Anfiteatro? E’ possibile – si chiede Irlando, allegando la foto dell’evento mondano, con tavoli imbanditi, sedie ed ombrelloni sistemati sul prato dell’Anfiteatro -. Possibile? Basta pagare – conclude amaramente –. Questa è la valorizzazione?”. Poche parole. Sufficienti per accendere una polemica che era da tempo nell’aria su un’iniziativa che interessa congressi, meeting aziendali o ineguagliabili comitive di super ricchi che approdano con le loro lussuose barche sui litorali oplontino e stabiese. Gli organizzatori delle manifestazioni prendono in fitto (a 15 mila euro più le spese varie) uno spazio magico sito all’interno del parco archeologico pompeiano, dove offrono agli ospiti fortunati sensazioni al di sopra di ogni immaginazione. Sul versante opposto, chi di queste iniziative ne ha fatto un business aziendale fa notare che esse sono previste dalla legge Ronchey. “Basta pagare”. Come ha osservato con disappunto lo stesso Irlando. La Soprintendenza rilascia, per una serata, a norma di legge, la disponibilità di uno spazio libero all’interno della Pompei Antica, dove l’illuminazione è assicurata con un gruppo elettrogeno esterno. La ditta che da anni procede all’installazione dell’impianto mobile per questo tipo di feste assicura tutti i servizi, come per esempio i bagni chimici. E’ un affare che va avanti da tempo facendo contenti tutti: alcuni ci guadagnano, altri trascorrono una nottata indimenticabile. Lucrano sull’iniziativa gli organizzatori esterni del prestigioso evento, che incassano fior di quattrini insieme alla direzione locale del Ministero dei beni Culturali, che con l’iniziativa si assicura un’entrata necessaria per fronteggiare le spese di manutenzione (sperando che si facciano). Ci guadagnano anche i custodi degli scavi che hanno un modo per arrotondare lo stipendio. Non a caso i sindacati non si fanno sentire. L’operazione è legittima, beninteso, prevista non solo per Pompei ma anche per tutti gli altri monumenti del Bel Paese. Basta osservare che lo stesso raduno di assicuratori è previsto all´interno del chiostro maiolicato della Chiesa di Santa Chiara. Come a dire che quando si tratta d’incamerare un buon guadagno nessuno fa questioni di principio. Irlando, al contrario, chiede se sia giusto “sacrificare” il significato di un bene culturale per assecondare manie di grandezza di un’azienda qualsiasi o di un paperone di turno. La domanda è stata rivolta a Bray su un argomento che rientra nel delicato equilibrio tra la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale. Fino a che punto è lecito metterlo a profitto? MARIO CARDONE