A cura della Redazione
Disperazione della mamme che hanno dovuto riportare i bambini a casa, a causa della sospensione delle lezioni perché il primo circolo didattico di Pompei è rimasto chiuso. Il motivo? La protesta dei lavoratori socialmente utili che hanno occupato l’edificio non consentendo il regolare svolgimento delle attività didattiche. Nei giorni scorsi, le scuole di Pompei (dove si potrebbe estendere la protesta) sono state tappezzate di volantini in cui viene descritta la “rabbia” contro la spending review sui servizi di pulizia negli istituti. Contestazioni anche sui tagli decisi dal Governo italiano sull’appalto delle pulizie nelle scuole. Sono a firma dei lavoratori ex Lsu impegnati in questo servizio dal 2001, e che garantiscono la pulizia in più di 4.000 istituti scolastici (11mila in tutto il Centro Sud e 5mila nella sola Campania). «Vogliamo mettere a conoscenza tutti – scrivono in un manifesto – che il Miur (il Ministero dell´Istruzione, Università e Ricerca, ndr) ha attuato una nuova gara di pulizie nelle scuole a gestione Consip che sta determinando la riduzione del salario con stipendi da fame di circa 300-400 euro al mese per ogni lavoratore. In Campania la gara Consip è stata invalidata e i lavoratori saranno licenziati entro il 28 febbraio». Gli Lsu (i lavoratori socialmente utili) hanno fatto una proposta alternativa che, dicono, «razionalizzerebbe le risorse ma che allo stesso tempo garantirebbe benefici alle scuole e ai lavoratori ex Lsu. Proponiamo l’internalizzazione del servizio di pulizia scolastica attraverso l’inserimento nelle graduatorie ATA dei lavoratori ex Lsu con il riconoscimento del sevizio prestato precedentemente dal 1995 ad oggi». La richiesta nasce dalla convinzione che i benefici che scaturirebbero dall’assunzione diretta dei lavoratori ex Lsu-ATA sarebbero sia di natura sociale (perché renderebbero possibile uno stipendio dignitoso) che di funzionamento scolastico (il dirigente scolastico gestirebbe tutto il personale subalterno, compresi gli ex Lsu) ed economico (l’eliminazione dell’intermediazione sulla mano d’opera farebbe risparmiare più di 60 milioni di euro l’anno senza licenziare nessuno. Già da qualche mese questi precari della scuola hanno cercato di far sentire la loro voce protestando per strada e nelle piazze, con la speranza di far capire alle istituzioni che con l’esternalizzazione si paga di più rispetto ad una ipotizzata assunzione degli ex Lsu (cosa che sarebbe già dovuta avvenire nel 2001). Con la loro protesta chiedono di bloccare l’outsorcing del servizio che costa maggiormente allo Stato con una resa inferiore. Secondo fonti della Usb, «solo nel 2012, fra il costo del finanziamento dell’appalto e il costo della cassa integrazione, si sono sprecati più di 60 milioni di euro. A questo sperpero, poi, vanno sommati gli ulteriori costi dei corsi di “riqualificazione professionale” obbligatori per legge in occasione di periodi cassa integrazione in deroga». MARIO CARDONE twitter: @mariocardone2