A cura della Redazione

"L’affresco raffigurante ‘Ercole fanciullo che strozza il serpente’ torni ad Ercolano per essere ammirato da tutti, magari in un’esposizione organizzata ad hoc".

E' l’appello che il sindaco della città degli Scavi, Ciro Buonanuto, ha fatto al Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, in merito all'opera rientrata in Italia dagli Usa, insieme ad altri 59 reperti recuperati in territorio statunitense nell'ambito di un'operazione congiunta tra i carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale e le autorità americane contro i trafficanti di reperti archeologici. 

"Quell’opera appartiene alla nostra comunità, da Ercolano venne trafugata nel 1995 ed oggi è giusto che torni all’ombra del Vesuvio per essere ammirata da tutti", ha detto ancora Buonajuto. 

L'affresco era finito nella collezione del miliardario statunitense Michael Steinhardt. Risale al 50 d.C. e fu saccheggiato da una villa romana e oggi ha un valore di un milione di dollari. Già nel dicembre del 2021, quando si palesò la volontà del collezionista di restituire le opere trafugate, il sindaco di Ercolano ne aveva chiesto a gran voce la restituzione.

"Le opere erano state offerte in vendita da alcuni brokers dell’arte e sono poi confluite in collezioni private statunitensi, come in quella di uno dei più grandi collezionisti d'arte antica del mondo, al quale è stato addirittura imposto, per la prima volta nel suo genere, un divieto a vita di acquistare antichità - si legge in una nota del MiC -. Tali beni, infatti, erano stati immessi nel mercato antiquario internazionale attraverso transazioni effettuate da ricettatori di beni culturali e mercanti d’arte, senza le prescritte autorizzazioni, peraltro beni provento da scavo clandestino o da furti, e commercializzati nel mercato statunitense. Non vi era traccia, inoltre, in alcuna pubblicazione degli eventuali scavi scientifici che ne proferisse il loro ritrovamento, oltretutto di eccezionale qualità e rilevanza culturale. Pertanto, i reperti non erano noti al mondo accademico fino alla data della loro acquisizione nel mercato antiquario. Grazie alle prove documentali e fotografiche in possesso del Reparto Tpc dell’Arma dei Carabinieri è stato possibile determinare che i reperti fossero provento di scavi clandestini operati in Italia ed esportati all’estero senza le previste autorizzazioni del Ministero della Cultura. In effetti, i reperti non avrebbero mai potuto lasciare il territorio nazionale, come previsto dalla legislazione fin dal 1909".

(foto Ministero della Cultura)