A cura della Redazione

«Quarant’otto ore per prendere le distanze da mio fratello, o è sfiducia? No. Mi dispiace. Non mi piacciono i ricatti, e non rispondo alle provocazioni. Più in generale non mi piace nemmeno che quello che poteva essere un legittimo confronto politico, sia finito in pasto ai giornali, e si sia trasformato in un inutile scontro. Quindi, senza fare troppe chiacchiere, per quello che mi riguarda, dico solo che non mi sono piaciute le modalità messe in campo dai protagonisti della politica pompeiana in questi giorni. Urge voltare pagina, e sedersi intorno ad un tavolo per un chiarimento definitivo». Queste sono le parole espresse nel comunicato stampa in cui il sindaco di Pompei, Pietro Amitrano, ha replicato con fermezza (ma entro i tempi stabiliti) all’ultimatum del «direttorio del Partito Democratico» locale, commissariato da cinque anni e successivamente abbandonato a se stesso dagli organismi provinciali.

La gestione della segreteria politica di Pompei (ovvero la sua assoluta mancanza) è un esempio classico dello sfascio organizzativo che sta attraversando da anni il più grande partito della Sinistra italiana. Probabilmente fra le cause maggiori della débacle elettorale.

Tornando all’argomento, l’ultimatum al sindaco di Pompei è partito da una fazione significativa del ceto dirigente del Pd e del Comune di Pompei (il presidente del Consiglio comunale Gallo, il vicesindaco Massaro, il capogruppo Pd nell'Assise cittadina, Lo Sapio jr., il consigliere provinciale Lo Sapio sr. ed i consiglieri comunali Martire e Mazzetti). Ha origine da commenti del fratello (Sergio) del sindaco di Pompei (entrambi tesserati con il Pd) che avrebbe sanzionato con un appellativo infamante il rientro nei Dem del suo ultimo coordinatore cittadino (in carica fino al commissariamento), eletto in Consiglio comunale in una lista civica. Il fatto che chiacchiere da "bar dello sport" assumano valenza mediatica è giustamente argomento di riflessione generale. La realtà è che quando si nascondono le notizie vere, emergono più facilmente i pettegolezzi. Nello stesso tempo sarebbe opportuno per l’Amministrazione comunale in carica, già oggettivamente in difficoltà, evitare le ricadute negative della crisi di partito.

Attualmente Amitrano apre le braccia al confronto politico. E’ un buonista o un debole? Lui ha dichiarato che lo fa per la città di Pompei e bisognerà credergli fino a prova contraria. In politica però il carisma si conquista con i fatti, non con le parole. Significa che Amitrano dovrà dimostrare autonomia di giudizio e di non subire imposizioni politiche derivanti da mancanza di rispetto del suo ruolo. Parliamo di forme di cadute di stile che non vengono mai perdonate dal corpo elettorale. Per esempio tutti i pompeiani hanno potuto apprendere dalla cronache del Palazzo (a partire dalle vicende riguardanti l’adesione all’iniziativa regionale sulla formazione professionale, fino all’ultima conferenza stampa “a scartamento ridotto”) come si sono “magicamente” ribaltati i rapporti di Amitrano col suo vice, dal momento che Massaro ha fatto parte della squadra "punitiva" che lo ha minacciato di sfiducia. Insomma si è comportato come Bruto (Tu quoqueBrutefili mi! "Anche tu Bruto, figlio mio!").

Giusto per restare nel campo delle citazioni, “all’interno della coalizione amministrativa non esistono Giuda e tanto meno ‘signor Nessuno’», tiene invece a precisare Pietro Amitrano nel suo comunicato, anche se sono frutto della sua Amministrazione ruoli e funzioni di rappresentanza fuori da ogni regola, che sono serviti da espediente per consentire a personaggi di seconda linea di entrare e uscire a piacimento dalle "stanze dei bottoni" mentre chi dovrebbe controllare si chiude in ufficio per non vedere. «Quelli che hanno detto la loro in questi giorni sono gli stessi che per mesi si sono confrontati sui tavoli che hanno permesso a me di guidare Pompei». Spiega ancora Amitrano, dimostrando pubblicamente il suo “strabismo concettuale” avendo scambiato il Municipio di Pompei con la sua sede elettorale. Qualcuno dovrebbe spiegargli che la campagna per le Amministrative è finita da un anno e mezzo e sarebbe ora giunto il tempo, per qualcuno, di levare le tende.

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