A cura della Redazione

L’aneddotica su Roberto Fiore, ex presidente di Napoli, Posillipo (pallanuoto), Ischia e Juve Stabia, è ricchissima. Di lui si è detto e scritto tutto e venerdì 24, alle ore 12, sarà scoperta una targa in suo onore nella tribuna Posillipo dello stadio S. Paolo. Tifosi e opinione pubblica sapevano dei suoi colpi di mercato e dei suoi gesti clamorosi. Nel 2000, ad esempio, lasciò la squadra della Juve Stabia a piedi, a Caltanissetta, facendo partire il pullman solo con l’autista, dopo la sconfitta contro il Catania per 3-0 all’andata dei playout, che culminarono con la retrocessione in C2.

Pochi, però, sapevano della sua scaramanzia, quasi maniacale.

Quand’era presidente del Posillipo, vinse il primo scudetto del club di pallanuoto, che affrontò in finale i cugini della Canottieri. Ebbene, prima della finale (la gara tre, quella decisiva) mandò il figlio di un socio del Posillipo, che lui riteneva essere un potente menagramo, a fare gli auguri al presidente avversario, spianando la strada della vittoria al suo circolo.

Un altro episodio che vale la pena raccontare, risale al periodo stabiese. Roberto Fiore fu presidente dei gialloblu dal 1991 al 2001. Il primo anno fu un disastro: la squadra, neopromossa in C2, rischiava di tornare tra i dilettanti e Fiore le tentava tutte: ingaggiò il centravanti Vincenzo Onorato (reduce da quattro campionati in B con Reggina e Messina), “affiancò” all’allenatore Gianni Improta (che era anche socio) la guida esperta di Luis Vinicio. Per una trasferta decisiva a Formia, pur di avere l’apporto del pubblico, offrì a cinquecento tifosi il biglietto di curva e il trasporto e convinse lo sponsor (Parmacotto) ad offire il pranzo al sacco.

Il presidente, intanto, aveva tenuto un “registro” delle presenze associandole alle sconfitte patite. Prima del finale di campionato, tirò le somme. Un solo collaboratore aveva assistito a tutte le sconfitte e bisognava evitargli di assistere alle ultime quattro partite di campionato. Così gli ritagliò un ruolo da osservatore: “Lei ha un fiuto particolare, ogni domenica dovrà andare in giro per la Campania a scovare talenti da ingaggiare per il prossimo anno”. Magicamente, la squadra vinse una gara e ne pareggiò tre. Non evitò la retrocessione, poiché si ritrovò quartultima a pari punti col Cerveteri, che avrebbe dovuto affrontare in un drammatico spareggio retrocessione da giocare in campo neutro, a Vasto. La perdente, sarebbe andata a giocarsi la sopravvivenza tra i professionisti in un triangolare con le quartultime degli altri gironi: Teramo e Valdagno.

Questo spareggio si sarebbe giocato il 24 giugno, a campionato finito. Non c’erano altri campi su cui mandare il collaboratore bollato come untore. Ma il genio di Roberto Fiore era smisurato: “Hanno telefonato dalla Lega, pretendono che in sede ci sia qualcuno che debba rispondere al telefono, per eventuali emergenze o per comunicati dell’ultimo minuto”. Sembra assurdo ma era più che credibile come scusa, poiché all’epoca i pionieri delle utenze cellulari si contavano sulle dita di una mano e pochi privilegiati usavano il telefax.

Quello spareggio fu infinito. La partita fu sospesa mezz’ora per un acquazzone (a giugno!) e finì ai rigori ad oltranza. Quello decisivo, del 6-4, fu segnato da Onorato all’imbrunire. Solo a tarda sera qualcuno ricordò a Fiore che bisognava “liberare” il collaboratore segretato in sede.

Nino di Somma