A cura della Redazione

Alle 10.03 di stamane, martedì 19 settembre il sangue di San Gennaro si è liquefatto. Al Duomo di Napoli, gremito per la ricorrenza, si ripete il miracolo tanto atteso da migliaia di fedeli.

Quando l'Arcivescovo Don Mimmo Battaglia, Capo della Chiesa di Napoli, ha preso l'ampolla, il sangue del Patrono era già sciolto.

«Questa celebrazione eucaristica in onore di San Gennaro, sia davvero festa, festa nel cuore - ha esordito l'Arcivescovo nella sua omelia -. Una festa che chiede il desiderio della pace, nella nostra vita, nelle nostre case, nella nostra terra, nella nostra città. E' bello radunarci ogni anno come Chiesa diocesana e comunità cittadina nel giorno della nascita al Cielo del Vescovo e martire Gennaro. Ogni anno tocchiamo con mano come la testimonianza di un uomo, che ha donato generosamente la sua vita per il Vangelo, fino all'ultimo respiro, fino all'ultima goccia di sangue, non è una cosa passata, un evento da scrivere in qualche pagina di un libro. E' una testimonianza presente, viva, attuale, capace di parlare al cuore di ogni credente, spingendolo ad un di pù di coerenza, ad un "oltre" di coraggio. E' bello vedere come viene celebrato, in questo giorno, il senso di appartenenza a una comunità, la bellezza delle radici profonde e sane del popolo partenopeo, che si rispecchia nel vetro delle ampolle vedendo magari il proprio sangue mescolato ai tanti dolori e alle mai assopite e audaci speranze. Questo sangue - ha proseguito Don Battaglia - non è un oracolo da consultare e ancor meno un oroscopo cittadino la cui funzione è di predire sventure o fortune per la città. La reliquia che veneriamo è semplicemente un "segnale stradale", un incide puntato che rimanda alla necessità, all'urgenza, all'esigenza di seguire in modo radicale il Vangelo di Cristo, lasciandosi attrarre senza riserve dalla sua bellezza rivelatrice, ascoltando la sua parola di viat e di speranza, ciò di cui noi tutti abbiamo bisogno in ogni stagione della nostra vita. Soprattutto quando ci sembra che qualcun 0o ci afferri per tirarci giù. Proprio in quei momenti la Parola di Dio ci afferra, strappandoci all'insignificanza e alla mancanza di senso, salvandoci con un amore sacro e incondizionato. Seguire il Vangelo è bellissimo ma anche faticoso, perché spinge a confrontarsi ogni giorno con le mura granitiche del nostro egoismo e quei poteri, atteggiamenti, che talvolta pur celandosi dietro un'apparente religiosità temono la forza rivelatrice del Vangelo».

Sull'attualità, l'Arcivescovo ha concentrato le sue parole su lavoro ed educazione per i giovani. «Tante, troppe volte un lavoro dignitoso diventa un miraggio lontano e la logica dei mercati e del profitto ad oltranza calpesta storie e volti, sacrificando le persone e le famiglie ai numeri freddi dell’economia - ha proseguito nella sua omelia Don Battaglia -. Il lavoro è pane, è vita, speranza, è risposta di senso e sostentamento ed è un diritto su cui si basa la nostra comunità, non un privilegio riservato a qualcuno».

Sui ragazzi, Don Mimmo Battaglia chiede «coraggio. Sogniamo insieme il miracolo di una città e di un Paese in cui i problemi dei nostri bambini, ragazzi, giovani non divengano argomento politico e sociale solo dopo l’ennesima tragedia ma siano piuttosto oggetto continuo di riflessione e di azione, creando quel Patto Educativo che ha bisogno ancora di fare molti passi per diventare prassi. Lavoriamo insieme e assiduamente per i figli della nostra città, disarmiamo le loro mani, ampliamo le loro possibilità di vita, accompagniamoli nei loro percorsi, perché nessuno nasce criminale o delinquente e tutti noi abbiamo il dovere - soprattutto per chi è nato in contesti difficili e a rischio - di offrire a chi è più svantaggiato la possibilità di un futuro altro, di una scelta diversa da quella ereditata dalla cultura e dal disagio familiare. Questa città ha bisogno di ripartire dal mondo dell’educazione, dal ruolo primario della scuola, da una politica educativa che attraverso asili e reti di prossimità consenta ai figli e alle figlie di Napoli di crescere in luoghi sicuri e sani. Questa città ha bisogno di ripartire dalla cultura, dall’arte, dalla bellezza, da luoghi in cui poter apprendere le note, i colori, i pensieri e le idee più nobili, ampliando così le possibilità e gli orizzonti anche ai suoi figli e alle sue figlie più fragili».