A cura della Redazione

I militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo riguardante le disponibilità finanziarie di due coniugi indagati per concorso in bancarotta fraudolenta e della figlia di questi per un valore complessivo di 4,2 milioni di euro. Effettuate nei loro confronti anche perquisizioni personali e locali.

Le indagini scaturiscono dall'evidenza di condotte distrattive poste in essere, tra il 2017 e il 2022, dall’amministratore/liquidatore di una società di Napoli esercente l’attività di produzione di energia elettrica, nel periodo di liquidazione della società fino all’apertura della procedura fallimentare.

Sebbene il liquidatore potesse compiere solo gli atti necessari per la cessazione dell’attività, il principale indagato avrebbe continuato ad agire sul mercato mediante operazioni in gran parte volte allo svuotamento delle casse della società - già in palese stato di "sofferenza" - a favore del medesimo e dei membri della sua famiglia.

In particolare, avrebbe assunto figure non tecniche nel settore della manutenzione degli impianti elettrici, tra cui la moglie (beneficiaria di un contratto a tempo indeterminato con uno stipendio lordo mensile di 12.300 euro e un bonus di ingresso di 50mila euro) e la figlia (retribuita mensilmente con 5.700 euro lordi, in aggiunta ad un bonus di ingresso di 30mila euro).

L'uomo avrebbe inoltre stipulato contratti di manutenzione ordinaria e straordinaria tra la società in liquidazione e un’altra azienda di famiglia, negozi che per gli inquirenti erano privi di giustificazione causale dal momento che quest’ultima fungeva da mero intermediario formale, non eseguendo direttamente la prestazione manutentiva degli impianti ma affidandola a terzi soggetti, salvo poi, insieme alla moglie, rinunciare a riscuotere il consistente credito maturato (709,8 mila euro a fine 2022), dopo l’apertura della procedura fallimentare, così palesando una totale commistione di interessi tra le società amministrate.

A completare il quadro dei concreti indizi del reato di bancarotta vi sono, infine, numerosi bonifici di rilevante entità e privi di giustificazione causale effettuati dai conti della società in liquidazione a quelli dei coniugi indagati e della figlia, per un rilevante importo complessivo di 971.300 euro.

Da questi "artifizi" si sarebbe generato un ingente passivo fallimentare, accertato - in sede di apertura della procedura di liquidazione giudiziale - in oltre 10,8 milioni di euro.

Contestualmente al sequestro sono state eseguite perquisizioni nei confronti degli indagati e di 12 società ad essi riconducibili.