A cura della Redazione
Il centrosinistra diviso ha regalato la città al centrodestra. E’ questo il dato di fatto e da qui deve partire il mea culpa e l’autocritica per ridare slancio e, soprattutto, rigenerare lo schieramento politico che aveva amministrato Torre Annunziata negli ultimi 15 anni. Oppure, se si vuole tornare più indietro nel tempo, addirittura dal dopoguerra. Le responsabilità? Vanno ripartite, anche se non equamente, tra l’Alleanza Straordinaria, guidata da Enzo Sica, e il Nuovo Centrosinistra di Antonio Gagliardi. Ma, tra i partiti, il primo a commettere degli errori è stato il Pd, che ha rinunciato al suo ruolo guida e non ha saputo svolgere, come in passato, il suo ruolo di mediatore tra le forze politiche del centrosinistra. Infatti non ha mai riunito intorno ad un tavolo tutti i partiti della coalizione per decidere insieme, tra le varie candidature presentate, quella che doveva rappresentare il centrosinistra unito. E’ vero che ha proposto le primarie per tale scelta, ma altrettanto vero che su questo strumento di partecipazione popolare non erano tutti d’accordo. Italia dei Valori non intendeva parteciparvi, insieme alla Federazione della Sinistra, mentre Sel chiedeva che ad esse non prendessero parte esponenti che provenivano dal centrodestra. A questo punto bisognava prendere atto che primarie unitarie non erano possibili e scegliere, tutti insieme, il candidato sindaco che meglio rappresentava l’unità della coalizione. Invece il Partito Democratico ha cercato di imporre il suo candidato Sica alle altre forze politiche di sinistra, ricevendone un rifiuto, e così è stata sancita la spaccatura del centrosinistra, con la proposta alternativa di Gagliardi. Il risultato? Una bruciante sconfitta. Infatti l’ex direttore generale non è andato oltre il 26 per cento dei voti e l’ex assessore si è attestato appena al di sopra del 10 per cento dei consensi. Per di più la divisione tra questi due candidati sindaci ha spostato forze politiche ed esponenti di partiti verso lo schieramento che sosteneva il primo cittadino uscente Giosuè Starita. Negli ultimi giorni abbiamo assistito al passaggio nel centrodestra di Futuro e Libertà, che sembrava vicino a Sica, e di Ciro Portoghese, consigliere del Pd e grande portatore di voti, che non gradiva la candidatura dello stesso Sica. Bastava solo che quest’ultimo, tra l’altro acerrimo avversario di Starita & Alfieri per cinque anni, fosse rimasto nel centrosinistra per non decretare la vittoria al primo turno di Starita e arrivare, quindi, al ballottaggio. E forse ci sarebbe stata anche la possibilità di vincere al primo turno, con una forte candidatura unitaria, perché in tal caso il centrodestra non avrebbe fatto da catalizzatore di tanti consensi in quanto non ritenuto più un sicuro vincente. Purtroppo la frittata è stata fatta e lo schieramento di Starita ha fatto il pieno di voti superando addirittura la soglia del 60 per cento ed ottenendo un consigliere in più. Mentre l’Api dei fratelli Alfieri diventa il primo partito cittadino, con oltre il 17 per cento delle preferenze. Ma non è andata altrettanto bene per lo stesso vincitore delle elezioni. Starita, infatti, ha avuto 9 punti percentuali e circa duemila voti in meno rispetto alla coalizione che lo sosteneva. Mentre gli altri candidati a sindaco hanno avuto tutti, chi più e chi meno, maggiori consensi rispetto ai voti delle liste che li appoggiavano: Di Paolo (+ 3,98 per cento, pari a 758 voti), Gagliardi (+ 2,03 per cento, pari a 525 voti), Donadio (+ 1,54 per cento, pari a 372 voti), Pisani (+ 1,12 per cento, pari a 271 voti), Sica (+ 0,39 per cento, pari a 219 voti). Come era prevedibile, sia Donadio che la Pisani non entrano in consiglio comunale, mentre la sorpresa è stata quella di Di Paolo, che, pur sostenuto da quattro liste, ha commesso l’errore di diluire all’interno di esse i candidati più votati, non riuscendo ad ottenere in nessuna lista il quorum, pur avendo raggiunto il totale di 872 preferenze. Intanto, già c’è un forte contraccolpo nel centrosinistra. Il segretario cittadino del Pd, Pierpaolo Telese, rassegna le dimissioni dal proprio incarico: «Fin quando il gruppo dirigente continuerà a ragionare in termini autoreferenziali e di appartenenza a gruppi e sottogruppi ha spiegato Telese -, facendo prevalere la scelta perversa di evitare a tutti i costi la valorizzazione delle energie interne alla continua ricerca di soluzioni pasticciate che non sconvolgano i fragili equilibri di “corrente”, tralasciando l’analisi della realtà ed il confronto di merito sulle soluzioni e le proposte, non riuscirà ad indicare alcuna seria prospettiva. Ora il bello verrà con la nomina degli assessori. Starita si troverà presto davanti a due casi difficili: Gioacchino Langella, ex presidente del consiglio comunale, e Domenico De Vito, ex consigliere comunale con delega allo Sport. Entrambi primi dei non eletti nelle loro liste. Mentre per Langella potrebbero aprirsi le porte di un assessorato, per De Vito, invece, la situazione è più complessa, in quanto componente di una corrente all’interno dell’UdC non rappresentata in Consiglio comunale. Ma non non saranno solo queste le grane a cui andrà incontro Starita. Sette le forze politiche di maggioranza rappresentate in Consiglio comunale per dividersi sei Assessorati, con l’Api che sicuramente chiederà il vicesindaco e un altro assessore. E Starita confermerà l’assessore Auricchio? Tutti interrogativi che, si spera, saranno al più presto risolti. ANTONIO MARRAZZO da TorreSette delll´11 maggio 2012