A cura della Redazione
Molti commentatori politici prevedono che ritorneremo a votare tra non molto, comunque prima della naturale scadenza della prossima legislatura. Le due componenti storiche del bipolarismo nostrano non sembrano in grado di raggiungere autonomamente una maggioranza stabile, con il sistema elettorale che ci ritroviamo. Se le cose stanno così, assume un significato propositivo l’astensionismo contro una classe politica che ha perso l’appuntamento del rinnovamento. L’astensionismo assumerebbe, in questo caso, un significato di pressione psicologica verso il cambiamento della legge elettorale attualmente in vigore, il cosiddetto “porcellum”, che non regge principalmente perché non c’è democrazia nell’attuale assetto fallimentare dei partiti politici, chiamati a decidere l’ordine dei candidati. In un quadro bipolare, all’irregolarità rappresentata dalle formazioni cosiddette minori (tra le quali il Movimento Cinque Stelle merita considerazioni a parte) si è presentato, come si aspettavano tutti, il terzo incomodo, il senatore a vita Mario Monti, che dopo aver appeso al chiodo la maschera di tecnico è entrato in campo con lo scopo esclusivo di condizionare (o assorbire) la formazione politica che uscirà vincente dalle urne. Del resto si sapeva fin dalla sua “salita in politica” che Monti, nominato premier dal presidente Napolitano, non avrebbe avuto i “numeri” per vincere da solo. Inoltre il Professore, come ha tenuto egli stesso a precisare, non è a capo di una formazione di centro ma di un movimento riformatore liberista, nel senso che il suo programma elettorale si muove in direzione dell’adeguamento dell’Italia alle regole del mercato comunitario (con la benedizione degli Stati Uniti d’America) in prospettiva anti operaia. Significa che il capo del governo in carica parte dal convincimento di fondo che bisogna modificare in senso competitivo l’apparato produttivo del Paese, eliminando le garanzie che governano il mercato del lavoro, a partire dallo Statuto dei lavoratori. Il tutto senza l’istituzione di un reddito di cittadinanza o salario minimo garantito. Alla fine si tratta di porre in essere un salto senza paracadute in cui pochi, dopo la caduta libera, approdano sull’albero delle mele. Mentre, per gli altri, pazienza se si romperanno la testa. La prospettiva probabile è che Monti e compagni intendono attuare il loro programma elettorale con la forza dei voti che prenderanno Bersani e Vendola. Sarà proprio questo stato di cose a far scattare probabilmente la scintilla dell’instabilità di governo, che porterebbe al nuovo scioglimento delle Camere, perché almeno i due terzi dei deputati e senatori che saranno eletti con Bersani (al contrario di Monti, Casini, Fini e compagni) sono, con la Cgil, pronti a difendere, anzi ad estendere le garanzie esistenti a difesa del lavoro dipendente. Una seconda discriminante da non sottovalutare tra le due diverse formazioni politiche è data dai temi etici, da cui Monti si è tenuto per il momento fuori, lasciando ogni decisione futura ai lavori del Parlamento. La verità è che, però, la quasi totalità delle donne e degli uomini della sua formazione è su posizioni cattoliche integraliste mentre, all’opposto, sul versante del centrosinistra, prevale nettamente la concezione laica sui temi della vita e delle unioni di persone dello stesso sesso. MARIO CARDONE