A cura della Redazione
Fortàpasc in prima serata? Perchè no? Trasmissioni e film che possano avere un impatto socio-culturale dovrebbero essere la prima scelta della televisione pubblica, non una tantum, ma ogni giorno. Mi dispiace che il sindaco di Torre Annunziata abbia chiesto alla Rai di bloccare la messa in onda del film Fortàpasc. Comprendo l’attaccamento alla propria terra, ma la messa in onda del film di Marco Risi non crea un danno all’immagine di Torre e del comprensorio. Anzi è il contrario. Raccontando la storia di Giancarlo Siani, a mio avviso, si può risvegliare la voglia di riscatto di una terra che non è solo camorra. Affermazioni come quelle del sindaco Starita poi le ho già sentite. Più volte il Presidente del Consiglio le ha esternate affermando addirittura di “voler strozzare” gli autori della famosa fiction “La Piovra”. A sentire le parole del premier sembra che il problema camorra, mafia, ‘ndrangheta siano i libri, le fiction. Invece no, lo dico a malincuore, ma trattasi di pura realtà. Il nostro è un territorio a libertà vigilata. Non vedere questo è non voler vedere la realtà. Con il suo film Marco Risi ha voluto raccontare una storia vera e lo ha fatto bene, non solo sotto l’aspetto cinematografico. La sua è una vera e propria fotografia della nostra realtà. Non offende né Torre né i torresi, anzi con la sua descrizione può generare in questi l’indignazione che è necessaria per poter ricostruire un tessuto sociale. Hanno fatto bene alcuni anni fa un gruppo di giovani ad affermare con una canzone ed un video “nuie nun simme Fortapàsc”. È vero: Torre, Castellammare non sono solo Fortapàsc. Ma nemmeno si può nascondere l’altra realtà: morti ammazzati ad ogni ora del giorno o ragazzini armati pronti a lavare col sangue finanche uno sguardo di troppo. Oggi, come ai tempi dell’omicidio Siani, il nostro sud è insanguinato dalle mani armate della camorra e della mafia. A Napoli, a Palermo, nella mia Castellammare, nelle vicina Torre Annunziata si moriva ad ogni ora del giorno e la storia di Siani è servita a noi giovani come esempio positivo. È servita ad avere un senso critico, è servita a creare un movimento di opinione, è servita a costruire un momento di ribellione, è servita a farci amare la nostra terra. Quella non era e non è la storia di Torre, è la storia della nostra terra, è la storia moderna che non si studia a scuola, è quella che si vive ogni giorno. È una storia fatta di soprusi, di violenza. È la storia di una terra che ha paura ma che deve trovare la forza di reagire. La reazione non può prescindere dalla conoscenza e consapevolezza della realtà. Quando ero ancora studente, la storia di Siani, fece nascere in me ed in tanti altri giovani l’esigenza di riunirci e costruire un movimento di ribellione. Le riunioni seduti in cerchio, i cortei da organizzare, gli incontri, i sit-in. Il nostro era un movimento di giovani, di studenti medi ed universitari che parlavano di legalità e di lotta alla camorra. Sfilavamo quotidianamente con gli striscioni colorati ed una piccola resistenza applicata sulle nostre magliette. Avevamo una sola speranza: il riscatto del nostro Sud. Anni di grande mobilitazione. Poi sopraggiunse il grande gelo, quello del silenzio, che non lascia spazio al risveglio delle coscienze. Oggi che la parola legalità è tornata ad essere un vocabolo da riempire di contenuti ecco montare la necessità di riprenderci le nostre terre, di dire con forza “no” a chi vorrebbe amministrare vite e sogni, offuscando col colore del sangue le nostre strade. In Fortàpasc c’è il grido disperato del ventre di Napoli, la voglia di guardare avanti, nonostante tutto. C’è la stessa voglia, attraverso gli occhi e la penna di Giancarlo, di testimoniare che la città non è solo “lazzara”. La sfida di allora fu vinta sotto l’aspetto culturale: da quella terra nacque un grande movimento pacifista ed anticamorra. Nacque un sentimento che contrastava con il “Nonsipuotismo”. Quell’esempio è servito a tanti giovani. È servito a dire “Insieme si può”, in nome di quella passione, di quella voglia di esserci, di spendersi, senza risparmiarsi mai, di quella voglia di far politica cambiando realmente le cose. Occhi capaci di far nascere la speranza, di dare fiducia, di costruire un futuro migliore. È un errore pensare che quando la camorra non ammazza è tutto sotto controllo. Quando non si ammazza è in atto una pax e si stanno facendo affari, si sta giocando sul futuro della nostra terra. L’enorme volume di affari illegali che le organizzazioni criminali costruiscono sui nostri territori mettono un freno al futuro! La Rai fa bene a mandare in onda la storia del giovane Siani, del precario Siani che muore solo perché ha fatto il suo lavoro. Fa bene la Rai a mandare in onda una denuncia sociale come quella di Risi. Fa bene ma questo non basta. È la nostra ora. L’ora del riscatto sociale e civile, del risveglio delle coscienze. È ora di abbattere i muri dell’isolamento, sostituire l’alfabetizzazione criminale con l’alfabetizzazione sociale. E’ ora di riprendere il filo interrotto, anche attraverso le parole ed i film. Non dimentichiamo che è stato più efficace “Gomorra” (di Roberto Saviano) a far sapere, quello che la camorra non voleva far sapere che tanti interventi fatti dalle istituzioni. “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con la biro, l´uomo con la pistola è un uomo morto” ha detto Roberto Benigni nella trasmissione televisiva “Vieni via con me”, parafrasando le parole che Sergio Leone faceva dire al protagonista di “Per un pugno di dollari”. La biro può essere come un fucile, vince sulla pistola, facendo più rumore ma senza spargere sangue. Tonino Scala Responsabile provinciale Enti Locali SEL