A cura della Redazione

Riciclaggio di denaro per la camorra, nove misure cautelari eseguite dai carabinieri di Roma a seguito di una inchiesta condotta dalla DDA capitolina.

Le accuse per gli indagati sono a vario titolo di riciclaggio in concorso con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa ed emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. 

La Guardia di Finanza ha contestualmente sequestrato beni per oltre 1,5 milioni di euro.

L’attività di indagine svolta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma costituisce l’approfondimento di un filone collegato al procedimento che aveva portato, il 18 gennaio scorso, all’esecuzione di misure cautelari personali relative a soggetti gravemente indiziati di aver costituito due sodalizi armati dediti al narcotraffico. Erano emersi, in quella circostanza, dei rapporti con un produttore cinematografico finalizzati alla realizzazione del sequestro di persona di un imprenditore (poi non andato a buon fine) che aveva accumulato un rilevante debito nei confronti del clan camorristico D’Amico-Mazzarella, operante nel quartiere di San Giovanni a Teduccio di Napoli.

Gli approfondimenti investigativi inerenti il versante imprenditoriale delle indagini portavano a ricostruire e documentare le diverse fasi di un sistema di riciclaggio di somme ritenute provento delle attività del clan di camorra.

Il prelievo del denaro in contanti avveniva a Napoli e poi successivamente trasportato a Roma con opportuni accorgimenti atti all’occultamento a bordo dei veicoli utilizzati, avvalendosi del contributo di due appartenenti alle Forze dell’Ordine, uno alla Polizia di Stato e uno all’Arma dei Carabinieri, gravemente indiziati di concorso nel medesimo reato. Questi ultimi, oltre a offrire maggiori garanzie di poter sfuggire a eventuali controlli durante il trasporto, avrebbero - alla stregua degli elementi indiziari emersi - esteso la propria collaborazione alla acquisizione e comunicazione di informazioni riservate utili a consentire l’elusione di eventuali indagini.

La consegna del denaro da ripulire veniva effettuata presso un’azienda vitivinicola compiacente onde realizzare l’introduzione nel sistema finanziario legale attraverso movimentazioni monetarie anche all’estero. C'era poi il trasferimento del denaro dall’azienda vitivinicola alle società cinematografiche controllate e gestite dal produttore indagato con la copertura documentale di fatture per operazioni inesistenti, con particolare riferimento ad asserite sponsorizzazioni di opere filmiche, particolarmente indicate allo scopo di giustificare grosse transazioni grazie agli importanti flussi finanziari sottostanti (come captato nel corso delle intercettazioni: “perché un film può costare 200 mila ma può costare pure 50 milioni di euro”). Infine, il ritorno del denaro a Napoli attraverso transazioni bancarie eseguite dalle società cinematografiche a beneficio di altre società ritenute riferibili alla organizzazione camorristica beneficiaria delle operazioni ricostruite come riciclaggio.   

Di particolare importanza per le indagini, anche le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia appartenente al sodalizio camorristico.

(foto di repertorio)