A cura della Redazione

Maxi blitz antimafia condotto dalla Squadra mobile di Catania, che ha eseguito 21 arresti. L’indagine ha riguardato la cosca Santapaola-Ercolano, squadra di Lineri, operante a Catania e provincia e specializzata nelle richieste di pizzo ad imprenditori e commercianti. "Circa venti imprese locali, dopo anni di pressanti richieste, sono ora state liberate dal taglieggiamento da parte del clan mafioso", si legge in una nota della Polizia di Stato.

L’indagine è iniziata a seguito dalla richiesta estorsiva avanzata nell'agosto 2019 nei confronti di un noto ristoratore catanese. Se non avesse pagato, vi sarebbero stati attentati incendiari. All’imprenditore erano state anche recapitate due cartucce calibro 7.65 da parte di due affiliati al gruppo mafioso, con l’avvertimento che, se non avesse accettato le loro richieste, avrebbe subito attentati.

L’attività investigativa ha consentito di individuare gli autori delle richieste estorsive e di ricostruire l’organigramma dell’associazione mafiosa di cui facevano parte, tra l’altro legata da vincolo di sangue con il capo di Cosa Nostra della provincia catanese.

Durante le indagini è stata scoperto il radicato sistema estorsivo messo in piedi nei confronti di imprenditori e commercianti vittime dei taglieggiamenti, che si erano sottomessi alle richieste di denaro ben conoscendo la storia criminale di alcuni degli appartenenti alla squadra di Lineri, anche grazie ai numerosi arresti eseguiti in flagranza di reato durante le riscossioni mensili.

In occasione di uno degli arresti, i poliziotti hanno trovato e sequestrato la “carta delle estorsioni” contenente l’elenco delle attività taglieggiate, mascherate attraverso l’indicazione di numeri da giocare all’Enalotto al fine di depistare eventuali investigazioni.

Sono state individuate numerose attività imprenditoriali (circa una ventina) che da anni hanno versato all’organizzazione mafiosa ingenti somme di denaro con cadenza mensile o semestrale. Si è stimato, approssimativamente, che l’organizzazione incassasse da ogni singolo imprenditore, mediamente, la somma di 250 euro mensili con un profitto illecito annuale di circa 70 mila euro. A seguito degli arresti molte delle vittime hanno collaborato denunciando le richieste estorsive mentre altri hanno preferito tacere o dire il falso.

Inoltre, nel corso dell’indagine si è accertato che parte dei proventi erano destinati alle spese per la difesa legale degli arrestati, nonché per il sostentamento economico delle loro famiglie di cui i capi del clan si erano fatti carico. 

L’organizzazione è stata colpita anche nei beni patrimoniali con il sequestro di un’attività commerciale, fittiziamente intestata a persone di comodo, e diverse autovetture. Nell’operazione la Squadra Mobile di Catania è stata coadiuvata dal Servizio centrale operativo (SCO) della Polizia di Stato e ha agito sotto il diretto coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine, che ha inviato nel capoluogo etneo diversi equipaggi del Reparto prevenzione crimine.

 "È inconcepibile che ancora oggi, nonostante l’efficacia e l’incisività dell’azione di contrasto espletata dallo Stato, esistano parti offese che si ostinano a non denunciare, addirittura dichiarando il falso - ha dichiarato a conclusione dell'operazione Francesco Messina, direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato -. La lotta alla criminalità organizzata non può essere delegata esclusivamente alle forze dell’ordine e alla magistratura. La Sicurezza è di tutti e l’unica protezione è quella fornita dallo Stato; Cosa Nostra non fornisce protezione, commette delitti e inquina le libertà economiche. Non denunciare di essere vittima di estorsione è un comportamento che potrebbe essere talvolta ai limiti della rilevanza penale. Colpisce, in questa indagine - conclude il funzionario - che su 32 estorti, solo 16 abbiano ritenuto di contribuire con le loro denunce all’accertamento della verità da parte nostra".