A cura della Redazione

Salme distrutte o spostate, estumulazioni dai loculi non autorizzate. Avevano creato un vero e proprio "mercato parallelo" del caro estinto le 16 persone indagate nell'ambito di una maxi inchiesta coordinata dalla Procura di Palmi (Reggio Calabria) e afferente allea gestione dei servizi cimiteriali a Cittanova, in provincia di Reggio Calabria.

Sono 16 le misure cautelari emesse dal Gip ed eseguite dai carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro tra le province di Milano e Reggio Calabria. In tutto, sono oltre 70 le persone coinvolte. Quattro fio in carcere, altre dodici ai domiciliari.

L’operazione, denominata “Aeternum”, ha preso le mosse da una denuncia presentata ai militari dell'Arma della Stazione di Cittanova nel dicembre del 2018, quando un cittadino di quel Comune si era accorto che, all’interno del tumulo di un proprio caro estinto, era stata abusivamente inserita una seconda salma. Le investigazioni hanno così permesso di ipotizzare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla “gestione in esclusiva” degli affari cimiteriali del Comune di Cittanova (RC).

Ad essere ritenuti al vertice del sodalizio, quattro degli indagati, ossia l’ex custode del cimitero di Cittanova, oggi in pensione, e tre imprenditori locali, amministratori di due imprese di onoranze funebri. Secondo quanto sostenuto dagli inquirenti, i quattro, tutti sottoposti alla custodia cautelare in carcere, avrebbero creato e gestito un sistema di “gestione parallela” a quello dell’Ente locale. Sostituendosi a quest’ultimo, avrebbero proceduto per anni ad estumulazioni non autorizzate, distruggendo o spostando in altri loculi le salme dei defunti, per far posto a nuove sepolture. Tutto questo al fine di accaparrarsi gli affari nel mercato funerario locale per conseguire e preservare una sorta di monopolio delle attività delle imprese guidate dagli arrestati.

Dalle indagini è emerso, inoltre, che le somme versate dai cittadini come imposte relative alla tumulazione dei defunti, venivano "intascate" dall’ex custode che se ne sarebbe appropriato, non versandole nelle casse pubbliche cui esse erano destinate, ossia quelle comunali per i diritti cimiteriali, quelle dell’ASP di Reggio Calabria per i diritti sanitari e quelle statali in relazione alla marca da bollo.

L’intero sistema criminale si reggerebbe poi su una serie di omessi controlli e falsi in atti pubblici commessi da professionisti pubblici che avrebbero, con la loro condotta, fatto in modo che il sodalizio individuato preservasse la primazia nel settore delle onoranze funebri, rendendo possibile l’arbitraria assegnazione dei loculi e l’abusiva appropriazione dell’importo che i familiari dei defunti pagavano per tasse e tributi cimiteriali.

Sarebbero stati infatti predisposte, a tale scopo, documentazioni falsificate, con cui si dava veste legale alle operazioni. Ad essere coinvolti, insospettabili medici legali dell’ASP Reggio Calabria - Servizio Igiene e Sanità Pubblica, che, chiamati a vigilare sulle estumulazioni o ad eseguire visite necroscopiche, erano pronti a sottoscriverne i verbali delle operazioni per come veniva loro dettato dagli appartenenti all’associazione a delinquere. AIn altre occasioni, come ampiamente documentato dagli accertamenti tecnici compiuti dai carabinieri, i verbali erano compilati senza che il medico legale (o altri funzionari previsti) fossero presenti sul luogo. Ciò tuttavia non impediva ai camici bianchi di richiedere il rimborso chilometrico previsto dal Servizio Sanitario per le visite necroscopiche, in realtà mai effettuate. Per cinque di loro, il GIP di Palmi ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari.

L'inchiesta, però, ha disvelato anche altre condotte presunte illegali, come l’interessamento di alcuni appartenenti al gruppo per l’accaparramento delle cappelle una volta appartenenti a tre confraternite religiose, disciolte nel 2007. Con il concorso dell’allora parroco di una chiesa del posto, il quale avrebbe attestato falsamente di essere proprietario delle cappelle gentilizie, in realtà tornate al patrimonio del Comune con lo scioglimento degli enti ecclesiastici, gli indagati avevano avviato lavori di ristrutturazione, procedendo alla soppressione di oltre un migliaio di salme, per poter ricavare un diretto guadagno dalla “vendita” dei loculi, pagati anche 3.000 euro dai privati cittadini che, così facendo, aggiravano il regolamento mortuario, accorciando i termini amministrativi e decidendo dove seppellire i propri cari estinti. Il progetto criminale, già concretizzatosi per due delle strutture, veniva interrotto solo per il tempestivo intervento dei carabinieri, che sorprendevano gli indagati intenti a sgomberare i loculi della terza cappella.

Coinvolti nelle indagini anche il Comandante facente funzione della Polizia Municipale di Cittanova, all’epoca dei fatti vice comandante responsabile del servizio di Polizia Mortuaria, e due vigili urbani, uno ancora in servizio presso il Comando locale e un altro nel frattempo diventato funzionario della Polizia Municipale di un Comune del Milanese. I tre, deputati al servizio di Polizia Mortuaria e ai servizi cimiteriali, assieme all’allora responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune, risultano indagati per illeciti commessi in occasione dell’esumazioni straordinarie eseguite nell’anno 2020, a seguito di un appalto bandito dal Comune di Cittanova ed aggiudicato da una terza impresa di Cittanova, il cui responsabile risulta anch’esso tra gli indagati.

In quel frangente, secondo le risultanze investigative, gli operai della ditta, per massimizzare il numero dei loculi liberati e rendere più economici e rapidi i lavori, avevano eseguito le dissepolture con un uno scavatore, senza alcuna attenzione alla rottura dei feretri ed alla necessità di estrarre a mano i resti mortali. Il materiale di risulta, mischiato a resti umani, veniva poi risotterrato poco distante. Gli agenti della polizia locale e il tecnico comunale, pur essendo tutti stati pienamente consapevoli delle modalità d’azione degli operai perché presenti sul posto, non intervenivano per bloccare le operazioni o, quantomeno, per imporre agli operai una diversa prassi di esecuzione che fosse conforme alla normativa richiamata, lasciando l’impresa libera di proseguire le opere a suo piacimento.

Risultano poi sottoposte a sequestro preventivo, grazie agli accertamenti condotti dal Reparto Operativo del Comando provinciale dell'Arma di Reggio Calabria, le due imprese di onoranze funebri coinvolte nelle indagini dei carabinieri, nonché quella parte del patrimonio degli arrestati frutto delle condotte illecite. Sequestrata anche l’area del cimitero di Cittanova interessata dalle estumulazioni illegali. Il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonterebbe a 4,5 milioni di euro

Da ultimo, al vaglio degli inquirenti restano le condotte di ulteriori 58 indagati i quali, a vario titolo, avrebbero preso parte alle condotte degli arrestati, pur senza essere intranei all’associazione da delinquere, contestata a quattro di questi ultimi.