A cura della Redazione

Sarà presentato domenica 12 giugno alle ore 11.00, nella sede dell’Associazione Culturale “Il Nuovo Vesuvio” in via Papa Giovanni XXIII, il saggio di Carlo Avvisati  “Il Tesoro di Boscoreale e lo scandalo della vendita all’estero”, con introduzione di Emilia Vitale, assessore alla Cultura.

La pubblicazione nasce per l’interesse mostrato tanto dal mondo scientifico quanto dal lettore comune per la pubblicazione titolata Gli Ori di Boscoreale, i gioielli e gli aurei del I secolo d. C. trovati da Vincenzo de Prisco nello scavo archeologico della villa detta “la Pisanella, ormai esaurita nella sua tiratura iniziale. Cosa che ha indotto alla ristampa del saggio che, dunque, non solo esce con un nuovo titolo ma viene anche proposto con un arricchimento, in immagini e testo, che ha riguardato argomenti stimati di grande interesse, solo sfiorati nella stesura precedente come la descrizione della prima “Jacuzzi” dell’antichità. Si tratta della vasca da bagno della therma casalinga in cui il proprietario poteva gestire al meglio la temperatura dell’acqua per il bagno. Vale a dire che 2000 anni fa a Boscoreale, in una villa del I secolo d. C. era possibile attraverso una serie di manopole e uno sladino a legna, produrre acqua più o meno calda a seconda della preferenza di chi faceva il bagno.  

«Il Tesoro di Boscoreale» di Carlo Avvisati, saggista e giornalista de «Il Mattino», dunque svela tutti i particolari sulle vicende che alla fine del 1800 videro il rinvenimento, l’espatrio e la vendita a Parigi degli argenti, dei gioielli e delle monete d’oro trovate da Vincenzo De Prisco, notabile boscorealese, in un fondo di sua proprietà: la villa rustica d’epoca romana detta «la Pisanella».

Il tesoro era costituito da 108 stupendi pezzi d’argento, finemente cesellati, il cui peso è pari a circa 30 chilogrammi, sette in più del tesoro d’argenterie del Menandro, trovato a Pompei; da otto pezzi d’oro: una collana a due catene, ciascuna lunga 1,5 metri; due orecchini con castoni; un anello; quattro bracciali: due serpentiformi e due a semisfere, e 1350 monete d’oro, fior di conio, raffiguranti gli imperatori da Augusto a Domiziano. Il colore “caldo” dell’oro monetale, dovuto alle ossidazioni causate dai gas bollenti espulsi durante l’eruzione del 79 d.C.,  secondo alcuni numismatici, viene utilizzato per descrivere una “simile colorazione su qualsiasi oro romano“.

Nel libro, oltre agli ori, agli argenti e alle monete, vengono dunque descritti, con dovizia di particolari, i fatti che videro anche l’espatrio e la vendita delle argenterie colà rinvenute. Per il tesoretto monetale, costituito da denarii e un quinario, il saggio stabilisce con certezza il numero di monete rinvenute nella villa che pertanto, e su indicazioni dello stesso Canessa, risulta pari a 1350 monete d’oro. Altro dato interessante delle monete è il numero conii avvenuto sotto Nerone che prevale di gran lunga su quello di altri imperatori. Il valore intrinseco dei denarii, senza dubbio il più consistente quantitativo di aurei giammai rinvenuto in area vesuviana, era pari a circa 30 mila franchi francesi del 1900 e nel I secolo d.C. raggiungeva i 100 mila sesterzi.

Il saggio è riccamente illustrato con foto d’epoca e con immagini inedite dei personaggi che furono artefici del rinvenimento e della compravendita.

In particolare, per la prima volta viene pubblicata la foto di Cesare Canessa, l’antiquario napoletano che con i fratelli Ercole e Amedeo era proprietario di case d’asta a Parigi e New York, oltre che a Napoli, che fece da intermediario con i funzionari del Louvre e con il barone Edmond De Rotschild che acquistò le argenterie per donarle al museo parigino.

Sarà presente l’autore che illustrerà l’intera vicenda.

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