A cura della Redazione
Una parte degli studi legali che sono stati delegati dagli obbligazionisti della compagnia di navigazione Deiulemar Spa, stanno promuovendo in questi giorni azioni di responsabilità contro gli Enti preposti per legge alla tutela del credito e del risparmio (Banca d’Italia e Consob). Questi, omettendo i controlli sulle emissioni e la circolazione di titoli di credito senza copertura finanziaria ed autorizzazione pubblica, non hanno dato seguito al loro mandato, rendendosi responsabili del danno cagionato a 13 mila famiglie. Insieme a loro gli avvocati intendono chiamare in causa la società di revisione dei conti, Kpmg, che ha certificato il bilancio del gruppo Deiulemar negli anni antecedenti al crac. Citati in giudizio anche i sindaci della società Giovanna Iuliano, Restino Luis Santa, Giorgio Bellia, Corrado Gionti per omessi e/o infedeli controlli. Parte così un’iniziativa legale a 360 gradi, studiata a tavolino per tentare di recuperare almeno in parte la perdita finanziaria secca che sarà subita dai risparmiatori vesuviani alla fine della procedura fallimentare, che verrà avviata alla fine di settembre con la presentazione delle domande d’ammissione al passivo. La speranza dei creditori è che la Corte d’Appello non ratifichi il ricorso presentato sulla base di una consolidata strategia dilatoria che caratterizza l’iniziativa dei professionisti ingaggiati dalle tre famiglie armatoriali (Della Gatta, Lembo e Iuliano). Ogni giorno che passa si allontana la speranza dei possessori di bond carta-straccia di recuperare il denaro investito (si credeva allora senza alcun rischio). Il fallimento della società armatoriale corallina parte da un passivo di mille milioni di euro, a cui si dovrebbe far fronte con beni sequestrati (immobili e motonavi) valutabili meno di un terzo. Sul versante dell’inchiesta penale, è arrivata la notizia, non certo confortante, del suo trasferimento a Roma in quanto il Tribunale del Riesame di Napoli ha accolto l’istanza dell’avvocato dei titolari della compagnia, Alfonso Stile, che ha eccepito che tra gli obbligazionisti danneggiati figura un magistrato della Corte d’Appello di Napoli. Decisione ineccepibile sul piano della procedura civile, ma oggettivamente risibile perché non era difficile prevedere che tra i tredicimila obbligazionisti della Deiulemar ci potesse essere anche un magistrato. Il fatto è che a questo punto, anche se il fascicolo penale è stato affidato ad un pubblico ministero esperto nel settore delle insolvenze societarie, le carte della compagnia di navigazione torrese lasciano il motivato Tribunale di Torre Annunziata, radicato nel bacino d’insolvenza Deiulemar, dirette alla Capitale, dove rischiano di affondare nelle sue ben note sabbie mobili, anche se le competenze professionali dei magistrati laziali sono fuori discussione. Nel frattempo tardano ad arrivare notizie aggiornate sulle indagini della Guardia di Finanza (a supporto della causa penale) attinenti alla caccia del famoso “tesoro di famiglia”, sia sul versante del territorio vesuviano, dove potrebbero essere stati effettuati investimenti a nero, che sui mercati dei capitali internazionali, alla ricerca di conti cifrati intestati ai soci della compagnia corallina, dei loro parenti diretti o dei loro prestanome. Le misure restrittive sono state confermate ai personaggi ritenuti più pericolosi riguardo alla fuga o l’intralcio delle indagini in corso. Vale a dire i rampolli della seconda generazione che avevano le mani in pasta, fino al crac, nella gestione Deiulemar. Le anziane vedove superstiti dei due capitani (Iuliano e Della Gatta) hanno lasciato gli arresti domiciliari. Insieme a loro sono usciti dal carcere due personaggi, ritenuti minori, della generazione più truffaldina. MARIO CARDONE