“Le reali motivazioni della morte di Guido Amedeo Vitale sono ancora avvolte nel mistero, un enigma che scioglierò in una terza pubblicazione del mio lavoro, già in fase di stesura, in base a documenti che sto raccogliendo”.

È questa l’interessante dichiarazione di Vincenzo Amorosi, autore del libro “Guido Vitale di Pontagio, il Facile Princeps”, in cui ci parla del più famoso sinologo italiano, nato a Torre Annunziata il 28 novembre 1872 e ucciso da un colpo di pistola a Napoli il 20 maggio 1918. Scomparve così, ad appena 45 anni, il più grande esperto italiano della Cina , profondo conoscitore non solo della lingua e della cultura di questo immenso Paese, che lo considera ancora oggi come un Padre della Patria, ma addirittura di ben 37 suoi dialetti, oltre che di una decina di altre lingue straniere!

L’unico ad essere ammesso alla corte dell’imperatrice Ci-Xi, l’unico a cui lei concesse di sposare una cinese della sua corte, Maria Luisa Wang, che morì poco tempo dopo il marito a causa della” spagnola”, malattia che imperversò in quel periodo. Di origine nobile, il padre Arturo era un barone, Guido si laureò giovanissimo all’Istituto Universitario Orientale di Napoli, e ne diventò docente di cinese e direttore tra il 1914 e il 1917. Interprete della Real Delegazione Italiana in Cina, testimone della rivolta dei Boxer contro l’influenza colonialistica straniera, fautore dell’ottenimento della Concessione Italiana di Tientsin. Ma Amorosi ci rivela anche tanti particolari sconosciuti della vita di Vitale, dall’infanzia (descritta nei suoi “Diari minori”) alle avventure galanti, tra cui una svedese conosciuta a bordo della nave tra Brindisi e Shanghai che gli regalò un cagnolino. Dalla corrispondenza con il cugino Vincenzino in cui gli descrive Pechino, “dove gli uomini portano la gonnella e le donne portano i calzoni”, alla sorella Concettina, alla quale era molto legato, e a lei dedicò le sue poesie giovanili.

Infine il libro termina con la conoscenza di Siur Wang, sua futura moglie, nel Palazzo d’Estate, “tra meravigliosi salici piangenti, alberi di ginepro e boschetti di bambù”.

Appuntamento quindi alla seconda pubblicazione, come scrive lo stesso autore, che “abbraccerà il periodo dal 1905 al 1913, anno del rientro definitivo di Guido Amedeo Vitale dalla Cina”. In attesa anche della terza, in cui ci svelerà il segreto della morte di Vitale mentre era seduto al caffè “Umberto I” nell’omonima Galleria di Napoli, colpito da un proiettile sparato da due delinquenti che litigavano tra loro. Fu un fatto casuale o l’intenzione vera di ucciderlo? Lo scopriremo solo leggendo il finale di questa vita avventurosa del nostro famoso concittadino, sconosciuto a Torre Annunziata ma a cui bisognerebbe dedicare una strada.