A cura della Redazione
Oggi l’astensionismo registra indici sempre maggiori. La disaffezione al voto da parte del cittadino aumenta a dismisura quando la classe politica appare chiusa sempre più a riccio nei privilegi della “casta” e, attenta solo ai propri giochi di potere, si allontana dai problemi del territorio. Eppure, il governo delle regioni ha assunto, con la riforma del Titolo V della Costituzione, una forma presidenziale. La legge elettorale, poi, pur non introducendo il sistema maggioritario puro, ha certamente favorito la diminuzione dell’intermediazione dei partiti, attribuendo nel contempo la responsabilità diretta degli eletti nella amministrazione della Repubblica. Elementi questi che autorizzano uno studio sulle possibilità di introdurre un sistema, il recall, vale a dire la possibilità da parte dell’elettore di rimuovere, con i propri voti, quei rappresentanti politici che ha eletto e nei confronti dei quali riscontri gravi inefficienze, sia di capacità morali che etiche. La revoca del mandato è l’esercizio della funzione di controllo politico da parte dell’elettore e, in quanto tale, è una concretizzazione della sovranità popolare. In uso sia nelle più avanzate democrazie occidentali (Stati Uniti, Canada, Svizzera) che in quelle moderne (Venezuela e Cina), il meccanismo esplica i suoi effetti e nell’ambito degli Stati membri e nei riguardi degli amministratori locali. Il procedimento della revoca è simile a quello dell’iniziativa in quanto la petizione popolare è richiesta anche per ricorrere alla rimozione. Il numero delle firme necessarie ad avviare il procedimento di rimozione si basa su una percentuale stabilita per legge, del voto ottenuto nell’ultima elezione per l’incarico per cui si intende attivare la rimozione. La consultazione elettorale per rimuovere l’eletto può avvenire secondo due modalità: nelle prima ipotesi, la scheda elettorale è composta da due parti in una delle quali all’elettore viene richiesto di votare “sì” o “no” alla rimozione dell’eletto, mentre in un’altra parte della stessa scheda elettorale vengono presentati i candidati a succedergli. Diversamente, la scheda consiste solo della prima parte e, nell’eventualità in cui la maggioranza degli eletti voti a favore della rimozione, solo allora, proclamata la vacanza, si procede ad una nuova elezione. La revoca ha dimostrato, negli Stati dove è applicata, di essere un valido strumento di controllo e verifica dell’operato degli amministratori e, al contempo, lo stimolo ad una fattiva partecipazione dei cittadini alla gestione della “res pubblica”. La presenza di elevati ed aggravati “quorum partecipativi” garantisce l’eletto da plebiscitarie giustizie sommarie ed appaga il desiderio partecipativo dei cittadini, consapevoli di avere un alta possibilità di successo. Volendo, il Parlamento italiano avrebbe potuto attivare tutti gli strumenti per mettere in campo questo innovativo strumento a favore della tanto anelata sovranità popolare. Ma nulla è stato finora proposto. Uno degli esempi più eclatanti degli ultimi tempi riguarda il caso Bassolino. Governatore della Regione Campania, nonostante gravi inadempienze, è rimasto al potere con l’appoggio benevolo delle stesse opposizioni, senza che nulla si facesse affinché le palesi ed indiscutibili inefficienze amministrative passassero al vaglio del voto popolare. Se queste incongruenze non si ripetessero, a vincere sarebbe la democrazia e, soprattutto, chi ne rappresenta la vera essenza: la voce dell’elettore. ANGELO CASILLO