No, non vado a votare, tanto non cambia niente!
Quante volte negli ultimi anni abbiamo sentito questa frase? Oramai nel nostro Paese la percentuale della gente che partecipa al voto è sempre minore, e questo determina il fatto che ci ritroviamo governi, come quello attuale e molti di quelli precedenti, eletti dalla maggioranza della minoranza che governano il Paese per tutti, anche per chi non ha votato.
Ora, si potrebbero scrivere fiumi di parole sulle ragioni che hanno generato questa crisi della democrazia e probabilmente alla fine ci ritroveremo sempre dinanzi alla solita conclusione, “No, non vado a votare, tanto non cambia niente”.
Ma questa volta è diverso. Andare a votare ai referendum dell’8 e del 9 giugno serve esattamente a cambiare le cose. Il referendum è per sua natura abrogativo. Cosa significa? Significa che quando fu scritta la Costituzione qualcuno pensò che fosse necessario dare al popolo la possibilità di cambiare le leggi fatte dal Parlamento. Dare alla gente comune la possibilità di cambiare le leggi, fatte dai politici, che ritenevano sbagliate. E di leggi sbagliate negli ultimi anni se ne sono fatte tante. Troppe quelle fatte nel mondo del lavoro. Leggi che hanno reso i lavoratori meno tutelati e più precari.
Ma cosa vogliamo cambiare con i referendum esattamente?
Il primo quesito referendario: stop a licenziamenti illeggitimi
Il primo quesito riguarda l’articolo 18, quell’articolo dello Statuto dei Lavoratori che prevedeva una cosa semplice; se un lavoratore fosse stato licenziato senza una giusta causa quel lavoratore, qualora un giudice riconosceva infondatezza del licenziamento, aveva diritto ad essere reintegrato sul proprio posto di lavoro.
Cosa succede ai lavoratori assunti dopo l’entrata in vigore del Jobs Act? Che nella migliore delle ipotesi, se un giudice stabilisce che il licenziamento è ingiusto, il datore di lavoro è costretto solo a pagare un dato numero di mensilità senza avere l’obbligo di riprendere il lavoratore ingiustamente licenziato. Questo ha determinato il fatto che in questi anni si sono moltiplicati i casi di licenziamenti illegittimi, persone licenziate senza una reale e giusta motivazione.
Potrei fare centinaia di esempi di lavoratori che si sono ritrovati licenziati da un giorno all’altro perché magari non simpatici al capo di turno, perché magari hanno rivendicato più sicurezza o più salario, o come troppe volte è accaduto di donne licenziate “colpevole” solo di aspettare un figlio.
Sì perché accade anche questo, oggi in Italia, al netto della propaganda, se resti incinta rischi il posto di lavoro.
Il secondo quesito: tutela per lavoratrici e lavoratori
Poi c’è il secondo quesito che stabilisce il fatto che nelle aziende al di sotto dei quindici dipendenti non vi sia il massimo di sei mensilità in caso di licenziamento ingiusto.
Chiediamo che al danno sia corrisposto un indennizzo adeguato. Cancellare la soglia delle sei mensilità serve come deterrente, cioè se un imprenditore sa che licenziare qualcuno ingiustamente significa dovergli riconosce ben oltre le sei mensilità servirà a farlo riflettere prima di procedere.
Terzo quesito: basta lavoro precario
Un altro quesito è quello sulla precarietà. Oggi le aziende possono prendere lavoratori in somministrazione senza dare nessuna giustificazione. Noi chiediamo invece che debba esserci una causale. Perché un’azienda che dice di aver bisogno di un numero di lavoratori con contratto atipico deve dirci per esempio sé quella richiesta è giustificata da un aumento di produzione strutturale o momentanea. Cioè se servono persone in più per soli due mesi per affrontare una fase è un conto, ma se invece quell’esigenza si protrae nel tempo è giusto pure che quei lavoratori vengano stabilizzati con un contratto a tempo indeterminato. Inserire le causali serve a creare le condizioni in fase di contrattazione per poter creare percorsi di stabilizzazione. Oggi i nostri giovani sono costretti a contratti a termine che durano addirittura anni e durante questi anni sono soggetti a continui ricatti.
Quarto quesito: la sicurezza sul lavoro
Ultimo quesito che riguarda il mondo del lavoro e quello sulla responsabilità in solido delle aziende appaltanti. Cosa significa? Una cosa semplice e cioè che le aziende che affidano un appalto sono responsabili di ciò che accade nelle aziende a cui affidano l’appalto stesso. Su questo tema bisogna fare una profonda riflessione soprattutto alla luce delle migliaia di morti sul lavoro che ogni anno ci sono in Italia. Una media di più di tre morti al giorno sui luoghi di lavoro, una vera e propria strage. Ed è nel mondo degli appalti e dei sub appalti si consumano le più grandi ingiustizie. E nel mondo degli appalti e dei sub appalti che ad esempio troviamo meno investimenti in termini di sicurezza. E nel mondo degli appalti e dei sub appalti che non si applicano i contratti nazionali e quindi non si riconoscono salari dignitosi ai lavoratori.
Perché succede? Succede perché con le gare al massimo ribasso e la possibilità degli appalti a cascata si tende ad affidare lavori a quelle aziende che per rientrarci scaricano sulle spalle dei lavoratori i tagli da fare.
Quinto quesito: cittadinanza a figlie e figli d'Italia
Ultimo quesito è quello sulla cittadinanza. Chi vive in Italia, chi paga le tasse in Italia, chi è un onesto cittadino e contribuisce al bene del Paese ha diritto a diventare italiano dopo 5 anni. Quindi nessuno vuole dare la cittadinanza a spacciatori o terroristi, ma di riconoscerla ad esempio a ragazzi nati in Italia, che vanno a scuola con i figli. A tal proposito io sarei favorevole non solo a non riconoscerla a chi viene in Italia per delinquere ma sarei favorevole a toglierla a chi delinque ed è italiano tanto quanto noi.
Per le ragioni che ho provato a spiegare invito tutti a fare il proprio dovere. I referendum dell’8 e del 9 giugno non sono contro qualcuno o contro un partito, ma sono per tutti. Non sono né di destra né di sinistra. Anche un elettore del centro destra può ritrovarsi licenziato senza giusta causa e non avere diritto alla reintegra. Forse tanti di quei lavoratori usciti la mattina per portare del pane a casa senza fare più ritorno erano elettori di destra. Quindi andiamo a votare non per togliere ma per dare.
Ciro D'Alessio (Coordinatore Nazionale Settore Automotive Fiom-CGIL)