A cura della Redazione

Pasquale Scotti, killer della camorra, è stato estradato in Italia dal Brasile.

Dopo 30 anni e 5 mesi di latitanza, l'uomo di fiducia di Raffaele Cutolo sconterà la sua pena di 30 anni di reclusione nel nostro Paese.

Scotti era ricercato dal settembre 1985. Su di lui pendevano capi di accusa per omicidio, occultamento di cadavere ed altro. Nel 1990 vengono diramate le sue ricerche in campo internazionale.

Alla fine del 1979 entra a far parte della Nuova Camorra Organizzata (N.C.O.) di Cutolo.

Pur giovanissimo divenne uno degli elementi di spicco della banda “Carusiello”. Con Mauro Marra, suo braccio destro, si rende responsabile di una serie di rapine ed estorsioni consumate nella zona tra Afragola, Casoria, Caivano ed Acerra. In tale ambito Scotti emerge nel gruppo per le sue capacità intellettive e militari, dirige un gruppo di fuoco, responsabile di numerosi omicidi nella zona a nord-est del capoluogo campano.

Ad accrescere il suo "prestigio", è il gesto da lui compiuto, il 26 maggio 1983 allorquando, nel carcere dell’Asinara Raffaele Cutolo sposa Immacolata Iacone. Scotti, per l’occasione, regala alla sposa un collier del valore di 20 milioni di lire, gesto che viene significativamente apprezzato da “Don Raffaele”. Da quel momento il latitante viene soprannominato negli ambienti criminali come “Pasqualino o’ Collier".

E’ stato componente del cosiddetto “consiglio” della “Nuova Camorra Organizzata”, organo preposto alla determinazione delle direttive strategiche del sodalizio criminoso.

Inserito, sin dagli anni ’80, nei rapporti di vari organi di polizia come “Capo zona” per conto della “N.C.O.”, sui territori di Casoria, Caivano ed Afragola, è stato condannato per numerosi e gravi delitti, quali associazione per delinquere di stampo camorristico, omicidio, estorsione, rapina, violazione della legislazione sulle armi ed altro.

Quegli anni furono segnati da una sanguinosa faida che conterà oltre 300 omicidi, durante la quale i Cutoliani reclutarono soggetti in grado di portare avanti una guerra senza esclusione di colpi. Fu in tale contesto che emerse la figura del giovane Scotti, scaltro ed intelligente, con spiccate capacità organizzative e militari, tali da consentirgli di dirigere un “gruppo di fuoco” resosi responsabile, tra la primavera del 1982 e l’estate del 1983, di numerosi omicidi messi a segno nella zona a nord-est di Napoli.

Il 17 dicembre del 1983, il superkiller venne catturato in via Atellana a Caivano (NA), dai poliziotti della Squadra Mobile di Napoli e Caserta; nel corso del blitz, il latitante fu ferito in un conflitto a fuoco alle gambe ed alle mani, mentre un suo guardaspalle (Luigi Angelino) rimase ucciso. Successivamente, manifestò intenti di collaborazione, poi rivelatisi falsi, ponendo le basi per quello che, di lì a poco, si palesò come piano di fuga che gli consentirà una latitanza di oltre 30 anni.

Ed infatti, la sera della vigilia di Natale del 1984, in maniera rocambolesca, evase dall’ospedale civile di Caserta, dove aveva insistentemente chiesto ed ottenuto il ricovero per problemi di salute, divenendo un “mito” nell’ambiente criminale di provenienza, nel quale già godeva di ampia stima ed ammirazione.

Con il disvelarsi della gravità delle condotte delittuose realizzate negli anni ed il susseguirsi delle condanne che ne sancirono l’assoluta valenza criminale, venne inserito nell’elenco del Ministero dell’Interno dei latitanti di massima pericolosità, rivelandosi, fino alla cattura, il ricercato con il periodo di latitanza in assoluto più lungo (dopo Bernardo Provenzano), con alle spalle ben 30 anni e 5 mesi di latitanza.