A cura della Redazione

Maxi sequestro di beni nei confronti di un imprenditore considerato "vicino" al clan dei Casalesi. Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli  ha eseguito un provvedimento emesso dalla Sezione per l’applicazione delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, ai danni di un uomo originario di Casal di Principe (Caserta), titolare di aziende edili e immobiliari.

Gli inquirenti ritengono che il soggetto sia pericolo socialmente e il suo patrimonio (e quello del suo nucleo familiare) si sia formato e sia stato incrementato negli anni grazie ad attività illecite.

Rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso, e condannato in primo grado per reati di corruzione e di turbativa d’asta a seguito di indagini condotte anche dall’Arma dei Carabinieri, l'imprenditore casertano è ritenuto appartenere, sin dal 2000, a un ristretto gruppo di "imprenditori di fiducia" delle fazioni Schiavone e Russo del noto gruppo criminale.

Le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia avrebbero fatto emergere come l'imprenditore, attraverso l’alterazione sistematica delle gare d’appalto realizzata mediante il ricorso a condotte corruttive o alla forza di intimidazione del clan, avesse partecipato stabilmente a un sistema volto ad assicurare ai Casalesi l’aggiudicazione dei lavori pubblici, consentendo in tal modo uno stabile introito alle casse dell’organizzazione criminale.

I capi del clan consentivano che l’imprenditore risultasse vincitore delle gare ad evidenza pubblica non facendo partecipare i propri impresari di fiducia alle procedure di aggiudicazione oppure facendoli partecipare al solo scopo di simulare la regolarità della gara. Lo stesso versava poi al clan una somma pari al 10% dell’importo dei lavori che si procurava grazie a false fatturazioni.

Gli approfondimenti di natura economico-patrimoniale nei riguardi dell’imprenditore - avvenuti anche attraverso una procedura di controllo giudiziario, poi trasformata in amministrazione giudiziaria, della durata complessiva di tre anni e mezzo - hanno evidenziato una condizione reddituale e finanziaria "incompatibile con il patrimonio accumulato nel tempo, ragionevolmente riferibile, a prescindere dal dato della sproporzione, al frutto del rapporto malavitoso instaurato con i Casalesi", si legge in una noat delle Fiamme Gialle.

Sono stati sottoposti a sequestro le quote e l’intero patrimonio aziendale di 16 società (con sede nelle province di Caserta, Chieti e Siena), 51 immobili tra fabbricati e terreni (ubicati nelle province di Chieti e Caserta), 8 tra auto e motoveicoli, nonché 27 rapporti bancari e finanziari, per un valore complessivo di oltre 8 milioni di euro.