Il Tribunale di Milano ha emesso una sentenza di assoluzione nei confronti dell’imprenditore Alberto Genovese, sollevandolo dall’accusa di violenza sessuale in uno dei procedimenti ancora aperti. I giudici hanno ritenuto che non vi fossero prove sufficienti per configurare uno stupro: secondo la ricostruzione, il rapporto sarebbe avvenuto con il consenso della donna coinvolta.
Come riportato da Il Fatto Quotidiano, in una prima fase la denunciante aveva escluso pressioni o costrizioni da parte di Alberto Genovese. Successivamente, in un’intervista televisiva, la versione era radicalmente cambiata: sosteneva di essere stata drogata e abusata. Per il tribunale, la discrepanza tra le due versioni è “profonda”, non equiparabile a una “presa di coscienza tardiva”, ma interpretata come possibile «strategia consapevole», forse finalizzata a ottenere un risarcimento.
Gli elementi decisivi della sentenza
Dalle carte processuali risulta che la donna avrebbe partecipato volontariamente agli incontri, mantenendo il proprio consenso anche in contesti qualificati come “più estesi”. Inoltre, l’assunzione di sostanze stupefacenti — anch’essa oggetto della contestazione — risulterebbe autonoma e non imposta dall’imprenditore. Tenuto conto di tali elementi, il collegio ha concluso per l’infondatezza dell’accusa, decretando l’assoluzione con formula piena per Alberto Genovese.
Indagine per calunnia in vista
Pur riguardando un singolo procedimento, il tribunale ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per valutare l’eventuale apertura di un’indagine per calunnia nei confronti della denunciante. Tale passaggio non modifica le condanne definitive che il manager ha già ricevuto in altri procedimenti, ma segna un ulteriore capitolo rilevante nella sua vicenda giudiziaria, ancora sotto intensa osservazione.


