A cura di Anna Casale

“L’ombra del sospetto” (Marlin Editore), il settimo romanzo di Vincenzo Esposito, scrittore torrese trapiantato a Roma, sceneggiatore di fumetti, collaboratore di periodici di informazione e di cultura. Ha esordito con il romanzo “La festa di Santa Elisabetta” (1999, Premio “Calvino” e Premio “Foyer des Artistes”), a cui sono seguiti “La quinta stagione dell’anno” (2001, segnalato al “Premio Bigiaretti-Matelica”), “L’amico Francese” (2011), “Il muro d’ombra” (2013), “Il bosco che canta” (2016) e “La giovinezza infinita” (2018).

Un libro che dal titolo fa pensare ad un giallo o ad un thriller psicologico, ma potrebbe essere un insieme del tutto o semplicemente, senza alcun tipo di etichetta, un romanzo.

Una storia ricca di misteri, sospetti e diffidenze. Due fratelli, una donna e Napoli, sono i protagonisti del romanzo diviso in quattro capitoli.

I fratelli Mentoné non si frequentano da molti anni. Il maggiore dei due, Francesco, avvocato di professione, riceve una telefonata: Giovanni, suo fratello, che di mestiere fa il professore, non si presenta a scuola da giorni. A casa di quest’ultimo Francesco trova un manoscritto e scopre che il fratello nella vita avrebbe voluto essere scrittore.

Tutta la vicenda ruota intorno a questo scritto, dalla connotazione ambigua, dal quale prendono vita sospetti, misteri e segreti.

Ed è così che i dubbi del protagonista si intersecano con quelli del lettore che si pone quesiti e cerca verità che avanzando tra le pagine con voracità, fino a poi trovare, raggiungere consapevolezze o una conferma della realtà.

Antonella Cilento, che ha firmato la quarta di copertina: “Un’indagine serrata, un manoscritto che contiene ambigue verità e lucidi sogni, un noto scrittore che fa da testimone. Romanzo di fantasmi napoletani, leggende e ricordi di giovinezza, “L’ombra del sospetto” conferma la profonda vocazione di Vincenzo Esposito a riavvolgere i complessi nastri del tempo, dove la memoria distilla incantamenti, avventure e visioni, sulla scia dei grandi narratori dell’indicibile e del doppio, da Hoffmann a Conrad e a Henry James”.