A cura della Redazione

“La riapertura delle scuole “dal punto di vista didattico per gli studenti ovviamente non cambia nulla, sotto il profilo sanitario aggiunge però ulteriori rischi ad una situazione epidemiologica già delicata”. Lo dice Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano, che a colloquio con Il Messaggero, parla del ritorno in classe dopo le vacanze di Pasqua.

“È stata una risposta ad un bisogno, visto che la didattica a distanza crea problemi oggettivi alle famiglie. Ma dal punto di visto scientifico ad oggi riteniamo che la scuola sia un elemento di rischio”, spiega l’esperto in vista della ripresa delle attività didattiche in presenza, anche in zona rossa dal 7 aprile, come prevede il nuovo decreto covid.

Pregliasco non si fida molto del studio pubblicato su Lancet Regional Health – Europe in cui alcuni ricercatori sostengono che la scuola non rappresenta un luogo di rischio: “In realtà quello studio ha intrinseche caratteristiche di debolezza rispetto a come è stato costruito. Il periodo di osservazione si ferma in sostanza all’inizio della seconda ondata, troppo presto quindi per trarre conclusioni. In più, considera diverse scuole in cui, in alcuni casi, non sono stati fatti i tamponi. E questo aggiunge incertezza rispetto al problema principale che c’è oggi, ossia la difficoltà del tracciamento e l’incapacità di risalire alla catena di contagio. Noi riteniamo che spesso non riusciamo ad agganciare la scuola come elemento di insorgenza di focolaio“.

“Il ruolo della scuola nella diffusione dell’epidemia lo conosciamo già e può essere legato anche al fatto che, pur seguendo tutti i protocolli, non riusciamo a controllare in modo adeguato la mobilità e la socialità che si crea intorno. Invece che riaprire, questi giorni potevano piuttosto permettere una ripianificazione più sistematica e una attuazione dei protocolli di sicurezza“, conclude Pregliasco.