Partono dal 700 a.c. le fasi originarie della fondazione di Pompei contemporanee a quelle dei principali centri urbani della costa tirrenica dello Stivale, controllati dalle grandi famiglie aristocratiche i cui esponenti più importanti venivano sepolti in famose tombe principesche, secondo la moda del Centro Italia come in Campania a partire dall’insediamento greco di Cuma fino alla città etrusca di Pontecagnano. Esemplare nel principesco contesto tirrenico orientalizzante la descrizione del profilo di vita di un personaggio eccellente sepolto a. La sua tomba che occupa un posto a parte perché i suoi resti mortali incinerati sono stati riposti in un calderon in argento, nella migliore tradizione dei testi di Omero (Iliade) mentre dalle testimonianze acquisite si è saputo che anche se usava banchettare all’usanza greca, egli indossava in pari tempo abiti ed armi etrusche mentre si comportava come un re orientale. Questa è forse la maggiore tematica della mostra cronologica e tematica presentata in anteprima alla stampa che parte dai reperti scavati nel fondo Iozzino per confrontarli con quelli rivenienti da centri campani occupati da insediamenti etruschi. Contemporaneamente da villaggio di Longola (Poggiomarino) di cultura villanoviana si muoverà il nucleo che fonderà Pompei nel movimento complessivo di un crogiuolo di popolazioni di varia origine residente nella valle del Sarno.
Una mostra nel Parco Archeologico di Pompei di oggetti diversi che appartengono al banchetto come momento di convivialità e socializzazione che mettono in luce la varietà di etnie presenti facendo capire che non sono mai esistite culture monolitiche ma sempre osmosi culturali tra i popoli. La grande mostra nella Palestra Grande degli scavi di Pompei arriva dopo l’Egitto nel 2016 e la Grecia nel 2017, affronta la controversa e complessa questione dell’ “Etruria campana” e delle contaminazioni tra le élite campane etrusche, greche ed osche. Nella Palestra Grande degli Scavi di Pompei dal 12 dicembre 2018 al 2 maggio 2019 resterà aperta la mostra a cura del Direttore generale Massimo Osanna e di Stéphane Verger, Directeur d’études à l’École Pratique des Hautes Etudes di Parigi, promossa dal Parco Archeologico di Pompei con la collaborazione del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del Polo Museale della Campania e l’organizzazione di Electa.
Circa 800 reperti provenienti da musei italiani e d’Europa sono stati esposti nella Palestra Grande per dimostrare i segni delle prime influenze etusche in Campania prima e dopo la fondazione di Pompei. Successivamente, quando Pompei sorge su base etrusca in una Campania multietnica, fino al suo tramonto, e alla memoria persistente della sua radice antica.
Oggetti di varia natura rivenienti soprattutto da tombe ma anche da santuari e da centri abitati consentono di aprire un confronto sul profilo e la dinamica della presenza etrusca in Campania. Il Fulcro della mostra è dato dalle conclusioni che partono dalle conclusioni sul Santuario extraurbano del Fondo Iozzino (tra i principali di pompei insieme a quello di Apollo e di Atena) fondato sulla grande quantità di materiale votivo di epoca arcaica (armi, ex voto, recipienti di ceramica di libagioni rituali con iscrizioni in lingua etrusca). A quei materiali si sono affiancati (e confrontati) quelli di altre città etrusche della Campania (Pontecagnano e Capua) dove sono state trovate testimonianze di sfarzose tombe. Le dinamiche d’incontro tra culture e scambi sociali nello spazio fluido del mediterraneo costituiscono il filo conduttore delle mostre della Palestra Grande di Pompei, a partire da quelle su Egitto, Grecia e ora l’Etruria. In esse appare che l’identità etnica che si accentua in momenti di crisi si attenua nei periodi di pace. Su questa base appare che le varie etnie più che sovrapporsi si sono fuse nel tempo e plasmate con le diverse culture della Campania come del Sud d’Italia. La mostra alla fine intende proporre un percorso di ricerca che evidenzia la struttura multietnica dell’Antico territorio campano soggetto alla contaminazione e ai cambiamenti. Pompei, che nei primi secoli della sua vita fu un centro significativo del territorio è diventato il paradigma scientifico d’indagine della struttura delle città arcaiche della Campania.
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