Torre Annunziata, 20 gennaio 1824. In una casa del Casale Nuovo, alle quattro del pomeriggio, veniva alla luce Antonio Cozzolino, figlio di Vincenzo e Carolina. Nessuno poteva immaginare che quel bambino, battezzato il giorno dopo nella chiesa dello Spirito Santo, sarebbe diventato il brigante più famoso del Vesuviano.

Lo chiamavano Pilone – o ’o Peloso – per la barba folta che lo distingueva da lontano. Un uomo alto, robusto, dai capelli ricci e dal carattere ribelle. Cresciuto tra Torre Annunziata e Boscotrecase, imparò a lavorare la pietra lavica al fianco del padre, ma ben presto capì che la sua strada era un’altra.

Dal cantiere al fucile

Da giovane lavorò alla posa dei binari della nuova ferrovia che collegava Napoli a Castellammare. Ma la sua passione erano le armi. Nel 1844 sposò Luigia Falanga, di Boscoreale, e nello stesso anno finì in prigione per porto abusivo d’armi e resistenza ai gendarmi.
Per sfuggire alla galera, si arruolò nell’esercito borbonico di Ferdinando II. Lì fece carriera: diventò sergente maggiore e, a Calatafimi, durante lo scontro con i garibaldini, strappò addirittura la bandiera dei Mille dalle mani di Menotti Garibaldi. Un gesto che gli valse la medaglia al valor militare.

La scelta del brigantaggio

Ma la storia cambiava. I Borbone cadevano e il nuovo Regno d’Italia avanzava. Pilone, fedele al suo re Francesco II, non volle piegarsi. Nel 1861 si fece capo di una banda che mise a ferro e fuoco le campagne vesuviane.
Assaltava treni e carrozze, liberava prigionieri borbonici dalle carceri, saccheggiava le masserie di chi ospitava i piemontesi. A volte entrava persino nei paesi a volto scoperto, accolto da applausi e grida di “Viva ’o Re, viva Pilone!”.

L’eroe o il bandito?

C’era chi lo vedeva come un paladino del popolo, chi invece lo considerava solo un criminale. Di certo, la sua fama crebbe a dismisura. Persino Francesco II lo nominò “comandante delle truppe in guerra nella provincia di Napoli”. Intorno a lui si raccolsero giovani pronti a combattere contro i Savoia, che molti in quel Sud vedevano come invasori.

Tradito dai suoi

Ma la vita da brigante non poteva durare a lungo. Nel 1866, a Sarno, la sua banda fu quasi annientata. Lui si salvò e trovò rifugio a Roma, dal suo re. Tornato poi a Boscotrecase, continuò per qualche anno a sfuggire agli arresti. Ma ormai era diventato scomodo, persino per la camorra, che mal tollerava la continua presenza delle forze dell’ordine sul territorio a causa sua.
Il 14 ottobre 1870 arrivò la fine. Tradito da un compagno per 1.500 lire, fu attirato in un agguato a Napoli, in via Foria. Circondato da quindici agenti, 

Bandito spietato o partigiano borbonico? Delinquente o eroe popolare? Forse entrambe le cose.
Quel che è certo è che Antonio Cozzolino, nato a Torre Annunziata, divenne leggenda. E il suo nome, a più di 150 anni dalla morte, continua a dividere le coscienze e ad alimentare la memoria di un Sud ribelle.