A cura della Redazione
Pubblichiamo una nota indirizzataci da Licia Accardo (nella foto), componente della Commissione di garanzia del Partito Democratico provinciale: “Tutto ciò che è necessario per il trionfo del male è che gli uomini di bene non facciano nulla” (Edmund Burke) Tutti abbiamo la responsabilità di questo degrado, di questo annoso lassez faire in cui tutti sguazzano alla ricerca “di qualcosa da portare a casa”. La nostra insipienza, la disperata rassegnazione in cui ci siamo chiusi a difesa di un privato “sempre più risicato” e di un “pubblico” ormai impraticabile, fa spazio alla cialtroneria diffusa. Un tempo si richiamava: “il pubblico è privato”. E’ ora più che mai vero. Il malessere e il disagio che serpeggiano per il declino culturale, politico, istituzionale e sociale, penetra in misura capillare, contaminando il nostro quotidiano, le nostre famiglie, alterando equilibri ed affetti. Le emergenze che si abbattono sul nostro territorio sono antiche e di una pericolosità strisciante e subdola (aumento drammatico di neoplasie, problemi respiratori, patologie fetali, triplicati i disoccupati e i giovani inoccupati, e i precari). Le gestioni commissariali pongono “in deroga” i limiti, i vincoli e le sanzioni legislative, concedendo poteri di gestione straordinari e incontrollati. Emergenza ambientale, emergenza lavoro, emergenza sanitaria: anni e anni di commissariamento per non rilevare nessun miglioramento, nessun ripiano ai disavanzi economici di bilancio ma bensì vedere moltiplicare gli incarichi d’oro, le gare d’appalto truccate e dirette a finanziare i vari “gruppi di interesse” che pullulano e si moltiplicano nell’universo corrotto degli “affari e dei favori” della politica dei governi nazionali, regionali e territoriali. Stesso schema, stesso metodo, personaggi che si intrecciano da un ruolo locale ad una sfera nazionale per poi passare ad un interesse regionale. Tra corrotti e corruttori c’è un impercettibile legame che li attraversa: la convenienza. Abbiamo prodotto una burocrazia inefficiente, inefficace, inadeguata, bloccata che ha consentito lo strutturarsi di un apparato parallelo, in bilico tra una posizione “istituzionalizzata ma collusa”: in tal modo proliferano gli scambi e le mazzette, i favori e la compravendita di voti e tessere. Tutto può essere “comprato”, dall’invalidità, all’estratto di nascita, dall’incarico di primario all’affido di incarichi legali; pratiche veloci e carriere subitanee. La politica è diventata “l’arte dell’impossibile”. Un dramma che attraversa il Paese, tutto. I partiti sono, ormai, contenitori di “interessi”, mediatori, interscambiabili di presunte logiche e proposte per interscambiabili maggioranze o minoranze, in nome e per conto di un grande e degno scopo: il potere di gestire il territorio, in nome del bene collettivo e per conto dei propri interessi privati. Ma possiamo continuare a subire tutto ciò come ignari spettatori del “Grande fratello”? Che fare? Diamo un senso ed un valore alla nostra capacità di scegliere, scegliamo di essere, finalmente cittadini in un contesto di “suddittanza compiuta”. Non possiamo più accettare, come sottolinea lucidamente Giuseppe D’Avanzo (su Repubblica del 10 febbraio 2011) la fallacia del concetto di colpa collettiva, di chi sostiene che, se giudicati tutti risulteremo colpevoli: fai prevalere il concetto di colpa collettiva e non resterà più nessuno da chiamare per nome. Non possiamo più accettare di essere travolti dalle trasmigrazione e dai riposizionamenti politici istituzionali; di votare un governo di sinistra e ritrovarci dei governanti di destra; di pagare le tasse, con sacrifici e pene, e di non poter fruire di adeguati e sincronici servizi pubblici, di educare i nostri figli al rispetto e alla buona educazione e ritrovarci “imbarbariti” da venditori di fumo, manipolatori opportunisti e veline rigonfiate, che ci istruiscono alla “prostituzione” perchè si ottiene tutto e subito. Non possiamo accettare il sacrificio di chi suda per guadagnare, di chi studia per meritare per poi essere mortificati da “cooptazioni gerarchico clientelari”; non possiamo accettare il senso del dovere di chi fa la fila per pagare di fronte allo scempio di chi evade le tasse e viene “condonato”, di chi ruba e froda e non viene punito perché il reato cade in prescrizione; di chi con un euro si è espresso “per una scelta” che, ahimè, credeva democratica, civile e corretta ma viene “esautorato” da un laconico “facciamo un passo indietro” per delegare la scelta ad altri, al partito(che non siamo noi), all’opinione pubblica, agli alleati di centro. E basta! Vogliamo i colpevoli, vogliamo i nomi, vogliamo qualcuno che si assuma la responsabilità di operare delle scelte, di farsi carico delle conseguenze, vogliamo qualcuno che ci mette la faccia. LICIA ACCARDO