Maurizio Sarri non cambia mai. Oggi va a Manchester per giocare alla pari contro il City in Champions League, mezzo mondo gli fa i complimenti e l’altro mezzo lo teme come avversario inafferrabile, e lui che fa? Torna a parlare due giorni dopo la fondamentale vittoria con la Roma e sembra che il silenzio lo abbia caricato.

E’ fatto così: alla sua squadra fa girare in campo il pallone tanto vorticosamente che il gioco continua alla stessa velocità nella sua testa anche quando la partita è finita. Ne ha sempre una che non gli va bene, un nemico da mettere nel mirino. Guardiola gli fa i complimenti, dice che quando sta a casa vede il Napoli per divertirsi, che da Sarri ha sempre una cosa da imparare, che la scuola italiana degli allenatori è come se fosse un’accademia, insomma roba da mettersi idealmente al sole a farsi dolcemente cullare per qualche ora dalle parole.

E invece no: forse pure per il vento che spazza Manchester quando tocca a lui parlare, prima ringrazia Guardiola con eleganza, definendolo il migliore del pianeta tra quanti siedono in panchina, poi torna cattivissimo: dei suoi dice che sogna che si trasformino in undici... testine in grado di palleggiare come hanno fatto all’Olimpico anche sotto il naso degli inglesi e, profittando di una domanda in sala stampa, etichetta quelli della Lega Calcio italiana come inadeguati per aver fatto partorire al computer un calendario che impone al Napoli scontri decisivi quando c’è da applicarsi anche sulla coppa europea.

E’, a suo modo di vedere, l’ennesima dimostrazione di eterna concentrazione, quella che chiede ai suoi perfino quando sta già vincendo per sei a zero: lui non molla mai, ha i riflessi pronti come un portiere in una finale di Coppa del mondo, e guarda agli altri con attenzione maniacale, pure quando apparentemente il pallone non gira. Ecco perché, da uno così certo che la compreresti un’auto usata. Ma il Napoli, questo Napoli, non è in vendita. E’ troppo bello per avere un prezzo.

(già direttore di SkySport)

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