Nel quartiere dove è cresciuta ha imparato presto a capire che nella vita conta solo una cosa: arrivare primi. La storia dimentica subito gli altri: saranno tutti, semplicemente, sconfitti. Il vincitore è unico, non replicabile.

Come Irma Testa, la dimostrazione che partendo da Torre Annunziata si può anche diventare campioni del mondo. Basta essere la migliore e dimostrare di esserlo. Come Butterfly ha fatto nei giorni più lunghi di una carriera ancora tutta da scrivere; da Nuova Delhi torna come numero 1, un titolo che per lei vale quanto un’etichetta. È la donna più forte sui ring di tutto il pianeta e forse non solo tra quelle che pesano meno di cinquantasette chilogrammi. L’ultima ad arrendersi è stata una ragazza del Kazakistan, Karina Ibragimova che ha accettato la sconfitta con un sorriso amaro, l’atteggiamento più arrendevole possibile, ma anche il più inevitabile quando i giudici hanno tutti dato la vittoria alla sua avversaria, a nostra signora Irma, la cucciola diventata saggia e matura ben oltre il quarto di secolo già vissuto.

”Ho fatto sacrifici incredibili, ma li rifarei subito, anche per i prossimi vent’anni. Ne è valsa la pena”: mai sentita una dichiarazione più sentita, nel giorno della consacrazione. D’ora in poi il suo posto nella storia dello sport Irma se lo è conquistato: prima italiana a disputare un’Olimpiade nel pugilato, prima a salire sul podio per vedersi consegnare la medaglia di bronzo, da qualche ora prima a essere incoronata campionessa del mondo.

In questi cinque anni che vorrebbe rivivere altre mille volte è cresciuta come donna: merito suo, soprattutto, ma anche di chi accanto a lei ha vissuto questa favola ancora lontanissima dall’ultima pagina. Penso a Lucio&Biagio Zurlo, ma anche a chi ha curato la sua immagine: il monologo consegnato alle Iene vale molto più di una vittoria sportiva, vale la medaglia d’oro in una disciplina mai sufficientemente praticata, la difesa del ruolo della donna. Quelle parole pronunciate con la chiarezza e l’autorevolezza delle grandi menti restituirono alla figura femminile tutte le libertà più volte negate. E per convincere tutti non servirono i pugni.

Quelli serviranno per costruire prima e confezionare poi il regalo più bello e, a questo punto, irrinunciabile: la medaglia d’oro olimpica. La prima, ovviamente.