Luciano Spalletti, allenatore del terzo scudetto del Napoli, passa agli storici rivali della Juventus. "Io al suo posto non sarei mai andato al club bianconero. Io appartengo a un calcio dove esistevano le bandiere ma il calcio è cambiato quindi non sono sorpreso da questa scelta di Spalletti. Non è un dramma e non ne farei un caso", è il commento all'Adnkronos dell'ex capitano del Napoli Giuseppe Bruscolotti.
E aggiunge: "Se Spalletti, come sembra, dovesse andare alla Juve, non lo considererei un tradimento al Napoli. È un professionista, ha un'opportunità importante e la coglie. Ci sta. So che in passato aveva detto che non avrebbe allenato in Italia un'altra squadra che non fosse il Napoli e si è tatuato lo scudetto del 2023 sul braccio e lo stemma azzurro ma non è il primo né l'ultimo che nel calcio si rimangia quanto detto. Potrei citare decine di altri casi".
D'altra parte, aggiunge Bruscolotti, "i fatti parlano da soli. I giuramenti non li ho fatti io, ma ogni tanto si dimentica ciò che si dice. Non so come farà ad allenare con quel tatuaggio, perché non è semplice coprirlo, è molto vistoso e colorato, forse dovrà toglierlo". "Prendiamola a ridere - sdrammatizza l'ex capitano del Napoli - Una volta si facevano gli accordi sulla parola, ma capisco che i tempi sono cambiati e ci sono tanti fattori. Non voglio giudicare, per carità, ognuno si assume le sue responsabilità. Anche se ha fatto quelle dichiarazioni, ognuno può cambiare opinione".
Lo scrittore de Giovanni: "Da tifoso non gli auguro buona fortuna alla Juve"
La scelta di Luciano Spalletti di ripartire come allenatore di club, dopo l'esperienza con la Nazionale, dalla panchina della Juventus è un fatto che "mi rammarica". A dirlo all'AdnKronos è lo scrittore Maurizio de Giovanni, tifoso doc del Napoli. "Come tifoso identitario di una squadra rappresentiva di una sola città - dice de Giovanni - prendo atto con dispiacere sportivo che Spalletti vada ad allenare un'avversaria come la Juventus. Prendo atto che questo calcio non mi assomiglia più".
"Noi dinosauri del calcio - afferma de Giovanni - appassionati di questo sport, siamo cresciuti all'epoca delle figurine, quando non c'erano gli sponsor sulle magliette e gente come Rivera, Juliano, Losi e Mazzola facevano tutta la carriera in una squadra. Idealmente, da quando il calcio è diventato un'industria e muove centinaia di milioni, per non dire miliardi di euro su scala mondiale, non si può ragionare più in termini di appartenenza, di passione, di adesione a un'identità, più ancora che a un progetto".
Uomini come Spalletti, "sono persone che fanno una professione e come tale vanno dove li attira la gratificazione anche economica. Noi dinosauri siamo affezionati a Spalletti perché ha vinto un campionato con il Napoli dopo 33 anni. Gli vogliamo bene ma non gli auguriamo buona fortuna professionale. Nessuno può chiedercelo. Dal punto di vista personale gli auguriamo tutto il bene del mondo ma non da quello professionale. Questo perché la sua buona fortuna sarebbe antitetica alla nostra trattandosi di una competizione. Prendiamo atto - conclude de Giovanni - che Spalletti fa parte di questo nuovo calcio glamour: un calcio d'immagine, di spot pubblicitari. Un calcio che non è il nostro e non lo sarà mai. Noi continuiamo a guardare le partite perché siamo appassionati, l'appartenenza ha un altro significato".


