A cura della Redazione

“Fuite, è scuppata a muntagna! Maronna mia du Carmine, miéttece a mana toia...”, e in un baleno il cielo di Torre Annunziata, la mattina del 22 ottobre del 1822, lasciò il posto alle tenebre. Quel giorno il Vesuvio stava mettendo a segno una delle eruzioni più violente del XIX secolo. 

Il popolo torrese, come tutti gli abitanti dei paesi limitrofi al vulcano nel raggio di ben 12 chilometri, durante i due giorni precedenti all’evento parossistico, aveva avuto delle sorde avvisaglie, ma nessuno ci faceva più caso in quanto, in quel periodo, ‘a muntagna, era solita dare spettacolo di sé mediamente ogni 3 o 4 anni, e i terremoti erano all’ordine del giorno. 

Torre Annunziata era piombata in un’oscurità che annullava anche la luce dei lumi, accesi per necessità in pieno giorno e che entrò di fatti nei cuori di quanti non vollero abbandonare le proprie umili abitazioni. Le poche genti rimaste in paese, i pescatori che non vollero abbandonare i loro pochi averi, i loro gozzi accatastati lungo la marina, dopo aver messo a riparo le loro reti, ciò che rimaneva della loro misera esistenza, animati da una fievole speranza di fede, vollero in tutti i modi mettere alla prova quella sacra icona che secoli addietro avevano strappato dall’impeto delle acque. Recatisi alla Chiesa parrocchiale del Rione dell’Annunziata, chiesero ad uno dei prelati rimasto al suo posto, Don Rocco Bali, a guardia di una chiesa spalancata al popolo per mutuo soccorso, di prelevare l’icona di Maria SS. della Neve e portarla nell’agorà cittadina, piazza Santa Teresa. Il parrocchiano acconsentì. I pescatori di Torre Annunziata, acclamati da quei pochi cittadini che ancora non erano scappati, fra le preghiere e il plauso, con a capo il coraggioso prelato, prelevarono di forza la Madonna e, caricata sulle loro spalle ossidate dalla fatica e dalle intemperie del mare, la portarono al cospetto del “mostro”. 

Un raggio di fioca luce si avventò sullo slargo di Santa Teresa, e quel fievole bagliore colpì l’immagine di Maria col Bambino. Era il segno della “Mamma nostra” che ammoniva la montagna e rassicurava il popolo torrese di non aver paura. Il Vesuvio li avrebbe risparmiati. Il popolo festante, accolto il messaggio d’amore, portò in processione la sacra icona tra le vie cittadine stracolme di materiale vulcanico. Il voto della città fu ben chiaro. Essa sarebbe stata grata ogni anno, lo stesso giorno, alla Mamma sua adorata, per il miracolo concesso. 

E’ questo uno stralcio dell’articolo pubblicato su torresette.news a firma dello storico Vincenzo Marasco.   

In occasione del bicentenario dell’evento miracoloso del 22 ottobre del 1822, monsignor Raffaele Russo, rettore della Basilica della Madonna della Neve, ha indetto una riunione per il 5 marzo prossimo a cui parteciperanno esponenti del mondo della società civile, associazioni, clero per programmare i festeggiamenti per il prossimo 22 ottobre.  Sono due anni che oramai, a causa del Covid, la tradizionale processione del trono della Madonna per le strade della città non si è più fatta. Quest’anno, con la speranza che la pandemia possa finalmente lasciarci in pace, si pensa di organizzare una grande festa per il bicentenario del miracolo e per il ritorno alla normalità.

Il popolo torrese vorrebbe che la Madonna compiesse, a distanza di 200 anni, una secondo miracolo: la fine della pandemia.

(Foto archivio Vincenzo Marasco)