Dopo la recente tragedia della bimba di tre mesi di Torre Annunziata deceduta per crisi respiratoria ancor prima di giungere all’ospedale di Castellammare di Stabia, e dopo essere stata respinta dal presidio ospedaliero di Boscotrecase per la chiusura del pronto soccorso, si è levato alto il grido di sdegno da parte dei cittadini dell’area vesuviana.

Il pronto soccorso dell’ospedale di Boscotrecase è chiuso da quasi 4 anni, dal momento in cui il nosocomio fu trasformato in Covid-center. Passata l’emergenza pandemia, tutti i proclami di una prossima apertura sono stati disattesi. Il motivo? Quello ufficiale parla di mancanza di personale medico. Una motivazione che non convince appieno, visto che prima del Covid il pronto soccorso dell’ospedale di Boscotrecase funzionava regolarmente. Dove sono finiti quei medici? In altri ospedali? E allora perché non farli ritornare dove erano prima?

Ma al di là di queste considerazioni, è inaccettabile che un ospedale che serve un’utenza di oltre 300mila persone abbia il pronto soccorso chiuso, con tutti i disagi e le disavventure che devono affrontare gli utenti per recarsi in altri ospedali, considerato il traffico veicolare in questa area così densamente abitata. Un solo minuto di ritardo può mettere in pericolo la vita di una persona, ed è quello che è accaduto alla neonata di Torre Annunziata, giunta ancora viva all’ospedale di Boscotrecase e morta durante il tragitto per raggiungere il San Leonardo di Castellammare di Stabia.

Intanto il movimento civico "Ce avite acciso a Salute" organizza per sabato 30 dicembre alle ore 11,30 un flash-mob davanti all’ospedale di Boscotrecase per sensibilizzare, ancora una volta, le Istituzioni (Regione Campania ed Asl Napoli 3 Sud) ad assumere una decisione urgente in merito all'apertura del pronto soccorso. Per l'occasione sarà piantato un "albero della salute" e acceso un "cero contro la malasanità".

L’invito è quindi rivolto a tutti quelli che hanno a cuore la propria salute e quella dei propri cari. Partecipiamo tutti, dimostriamo che non siamo bravi solo ad esprimere il nostro risentimento sui social, ma scendiamo in “piazza” per far valere i nostri sacrosanti diritti.