A cura della Redazione
Camorra. In "pizzino" capoclan Gionta dà consigli al figlio In un ´pizzino´ i consigli per evitare di essere catturato dalle forze dell´ordine e per proseguire nell´azione criminale. Questo quanto scoperto dalla polizia e dai magistrati della Dda di Napoli nell´ambito dell´inchiesta che martedì mattina ha portato ad 88 ordinanze di custodia nei confronti del clan Gionta. Dalle indagini è emerso che Aldo Gionta, figlio del capoclan Valentino, aveva tentato di inviare una lettera al figlio Valentino (omonimo del nonno) per metterlo in guardia da possibili indagini delle forze dell´ordine e non solo. Il giovane Valentino Gionta, all´epoca dei fatti non ancora maggiorenne, era il destinatario della missiva che il padre, rinchiuso nel carcere di Opera a Milano, aveva tentato di mandargli approfittando di un incontro con i familiari durante le ore di colloquio. "Impara a sparare con il kalashnikov, poi ti dirò io cosa fare. Fatti furbo, attento alle microspie. E non permetterti di fare qualcosa senza il mio permesso". Questi i consigli che Aldo Gionta dà al figlio Valentino junior in una lettera sequestrata il 13 febbraio scorso dalla polizia penitenziaria nel carcere milanese di Opera. "E´ una lettera interessantissima dal punto di vista criminologico - ha detto in conferenza stampa a Napoli il coordinatore della Dda, Franco Roberti - a tratti agghiaccianti. Aldo dà al figlio istruzioni su come comportarsi, su come essere prudente, evitando i colpi di testa. Il padre lo invita anche a esercitarsi in vista di futuri omicidi e azioni delittuosi, ma sempre con grande attenzione e prudenza, evitando - ha concluso Roberti - di cadere nelle maglie degli sbirri e delle indagini". LE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE E AMBIENTALI Li hanno incastrati intercettazioni telefoniche e ambientali nelle quali uomini e donne del clan Gionta parlavano, senza reticenze, di traffico di droga ma anche di strategie criminali e alleanze con altre bande. Gli 88 provvedimenti di custodia cautelare sono scaturiti da una serie di prove: dalle intercettazioni telefoniche a quelle ambientali fino alla ripresa con videocamere oltre all´acquisizione di documenti e dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Le intercettazioni sono state effettuate fin dentro le abitazioni dei vertici del clan all´interno della storica roccaforte, Palazzo Fienga. Proprio la "captazione in chiaro delle conversazioni" hanno consentito di ricostruire con precisione l´attuale organigramma del clan oltre ai rapporti di alleanza e di contrasto armato dei ´Valentini´ con altri clan campani. "Un lavoro, quello di decodificare le conversazioni, molto complesso - ha detto in conferenza stampa il capo della Squadra mobile Vittorio Pisani - il dialetto di Torre Annunziata è infatti di difficile comprensione e per questo è stato utilissimo il supporto degli agenti del commissariato di Torre Annunziata che hanno eseguito le traduzioni delle conversazioni". Fondamentali sono anche risultate le riprese effettuate grazie alla videosorveglianza con telecamere nascoste. Un lavoro che ha permesso di documentare i luoghi deputati allo spaccio al minuto della droga. Importanti, al fine delle indagini, anche gli ingenti carichi di droga (cocaina, hashish e marijuana) intercettati e sequestrati, in più riprese. Quantitativi di stupefacenti destinati al clan Gionta e provenienti soprattuto dai Paesi Bassi. L´acquisizione di numerosi documenti hanno poi permesso di trovare "la persistente capacità dei vertici dell´organizzazione di trasmettere ordini e direttive criminali ai propri affiliati in libertà". Decisive, infine, sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che spesso sono entrati in contatto diretto con esponenti del clan Gionta proprio per vicende legate ai traffici di droga e di armi. COMMERCIO DI STUPEFACENTI Quanto al commercio di stupefacenti, sono stati accertati organici rapporti tra il clan Gionta ed esponenti della cosca mafiosa Pillera — Puntina, operante a Catania. Non tutta la droga importata dall´estero, ritengono i pm della Dda coordinata da Franco Roberti, era destinata ad alimentare le piazze di spaccio torresi. Parte dello stupefacente — a dimostrazione della capacità del clan Gionta di operare su larga scala e di risultare dunque estramente competitivo a livello nazionale — veniva ceduta ad altre organizzazioni attive in altri territori, anche fuori dalla Campania, ed in particolare nel Lazio, Marche, Abruzzo e Sicilia.