A cura della Redazione

Chiuse le indagini relative al crollo della palazzina della Rampa Nunziante, avvenuto il 7 luglio 2017 a Torre Annunziata. Nella tragedia morirono otto persone: Giacomo Cuccurullo, la moglie Edy Laiola e il figlio Marco; Pasquale Guida, la moglie Anna Duraccio, e i figli Franesca e Salvatore; la signora Giuseppina Aprea.

Carabinieri e Polizia hanno notificato gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari a sedici soggetti, a vario titolo coinvolti nella vicenda.

Per la Procura, le indagini svolte con l'ausilio dell'Arma e della Polizia di Stato «hanno consentito di delineare un quadro chiaro in ordine alle responsabilità, sia relativamente al crollo che agli abusi urbanistici  e ai connessi falsi in atto pubblico rilevati».

Gli inquirenti si sono avvalsi, per le loro conclusioni, della consulenza dei due super periti, il prof. Nicola Augenti e il prof. Andrea Prota. La loro relazione tecnica ha consentito di accertare che «la causa del crollo sono stati i lavori di manutenzione straordinaria eseguiti al secondo piano del palazzo da Gerardo Velotto in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo, tramite la demolizioni di tramezzi divisori che, sovraccaricando il maschio murario al secondo piano ed indebolendolo, cagionavano lo schiacciamento dei maschi murari che costituivano il muro perimetrale esterno a nord, prospiciente la linea ferroviaria».

Tra le persone coinvolte nell'inchiesta, figurano gli architetti Massimiliano Bonzani (interdetto già dall'esercizio della professione per dieci mesi per i presunti falsi commessi), in qualità di direttore dei lavori di fatto, Aniello Manzo e lo stesso Giacomo Cuccurullo, deceduto nel crollo, in quanto «nonostante la sussitenza di uno stato di dissesto evidente e di una situazione pericolosa dei luoghi a loro nota (anche in relazione alle loro conoscenze tecniche) - scrive la Procura - ignoravano e/o sottovalutavano tali segnali di pericolo imminente manifestatisi per tempo, non ponendo in essere le opere necessarie ad evitare il crollo».

Per i magistrati, Bonzani, Manzo e Cuccurullo non avrebbero disposto, o fatto disporre, «segnalando la suddetta situazione di pericolo ai Vigili del Fuoco, lo sgombero dell'immobile», così da evitare la tragedia.

Le altre persone coinvolte a cui è stato notificato il provvedimento sono Roberto Cuomo, amministratore del condominio di Rampa Nunziante, 15, ritenuto «a conoscenza dell'illegittimità dei lavori al secondo piano» e che non avrebbe richiesto a Gerardo Velotto l'esibizione dei titoli abilitativi; un operaio, Pasquale Cosenza che, insieme a Velotto e all'architetto Bonzani avrebbe eseguito «lavori illegittimi ed effettuato la demolizione dei tramezzi divisori». La Procura sottolinea come diversi condòmini avessero segnalato «l'esecuzione di lavori di notevole rilevanza realizzati con martello pneumatico azionato per diverse ore al giorno».

Nel corso delle indagini, sono stati valutati anche i lavori, che la Procura ritiene comunque essere stati «illegittimi», eseguiti al primo piano dello stabile che, però, come evidenziato da un altro perito, il prof. Alberto Coppola, «nessuna rilevanza hanno avuto sul crollo».

Emergerebbe inoltre «un allarmante quadro in ordine alla falsità ideologica commessa dai proprietari degli appartamenti per attestare la legittimità urbanistica del palazzo e dei lavori da effettuarsi». Per la Procura, Bonzani avrebbe attestato che il palazzo crollato fosse legittimo dal punto di vista urbanistico, mentre per «l'intero fabbricato - scrive il Procuratore capo Sandro Pennasilico - risulta agli atti solo una licenza edilizia risalente al 1957 per una villetta bifamiliare, edificio completamente diverso da quello realizzato».

Chiusura indagini, dunque, anche per i proprietari degli appartamenti dello stabile, Rosanna Vitiello, Ilaria Bonifacio, Aniello Manzo, Emilio Cirillo, Roberto Cuomo e Massimiliano Fortunato Lafranco. Gli stessi, in concorso con Mario Cirillo, quale interessato e destinatario dell'appartamento «formalmente promesso in vendita ad Emilio Cirillo, e con l'architetto Bonzani, mediante tale falsa attestazione, nonché attestando falsamente che i lavori interessati dalle variazioni catastali erano terminati il 18 marzo 2016, inducevano in errore, in ordine alla corretta rappresentazione dello stato di fatto dell'immobile, il funzionario del Catasto che procedeva ad effettuare le variazioni catastali sulla base delle false attestazioni», scrive ancora la Procura.

Contestati i reati di falso ideologico in atto pubblico anche a Rita Buongiovanni, Giuseppe Buongiovanni, Donatella Buongiovanni, Roberta Amodio «che, in qualità dapprima di promittenti venditori e, poi, di venditori dell'immobile interessato, avrebbero attestato falsamente - scrive ancora la Procura - nel contratto preliminare di vendita e in quello definitivo, stipulati innanzi al notaio, che "l'intero fabbricato era stato realizzato in epoca antecedente al 1 settembre 1967 in conformità alla normativa vigente"». Attestazione che la Procura ritiene non veritiera, dal momento che l'intero immobile risultava essere stato realizzato in assenza di titolo abilitativo.

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