Due ergastoli per i killer del clan Gionta. Nessuno sconto arriva in secondo grado per i due fedelissimi di Palazzo Fienga accusati di aver ammazzato una donna che si era ribellata agli assassini del figlio e un affiliato al clan Gallo-Cavalieri trucidato dal commando di finti poliziotti.
Il verdetto della Corte d'Assise d'Appello di Napoli ha confermato quello di primo grado. Per i giudici, i due imputati erano spietati assassini di Torre Annunziata e meritavano il “fine pena mai”. Ergastolo per Alfonso Agnello, 50 anni, alias “chiochiò”, e per Umberto Onda, 45 anni, detto Umbertino, già ergastolano. I due sono accusati di omicidi differenti anche dai collaboratori di giustizia Michele Palumbo “munnezza” e Aniello Nasto “quarto piano”.
Nasto si è auto-accusato di aver preso parte all'omicidio di Anna Barbera, mentre Palumbo di aver ucciso materialmente Vincenzo Amoretti. Due episodi di sangue, avvenuti durante la faida contro i Gallo-Cavalieri tra il 2004 e il 2007, in una scia che si è interrotta solo nel 2014, con la pace armata stipulata dai due sodalizi criminali, nel frattempo colpiti da centinaia di arresti e altrettante condanne che tengono tuttora in cella gli ex capi e reggenti.
Il primo omicidio fu quello di Anna Barbera, per il quale è stato condannato come autore materiale Umberto Onda. La donna fu ammazzata il 12 marzo 2004 in via Vesuvio a Torre Annunziata, poiché "colpevole" di aver sputato verso gli assassini di suo figlio Umberto Ippolito, a sua volta ucciso dai Gionta il 22 febbraio 1994. Il dettagliato racconto del pentito Nasto ha permesso di ricostruire la vicenda, portando ad incastrare Onda. Secondo l'Antimafia, Nasto guidava lo scooter, mentre Onda esplose diversi colpi d'arma da fuoco contro la 63enne che aveva affrontato il clan Gionta.
Vincenzo Amoretti, alias “banana”, invece fu ucciso il 20 aprile 2007 nella sua abitazione al parco Penniniello di Torre Annunziata con un solo colpo di pistola, esploso in modo preciso alla tempia della vittima, colpita nel sonno in camera da letto. A sparare fu Michele Palumbo, che ha confessato questo omicidio, spiegando che ad attenderlo c'era Alfonso Agnello. Vincenzo Amoretti, ritenuto vicino alla frangia avversa dei Gallo-Cavalieri, fu trucidato per vendetta: aveva esploso - la tesi degli investigatori - alcuni colpi d'arma da fuoco indirizzati verso la casa dei suoceri di Pasquale Gionta. L'affronto fu lavato con il sangue. I killer si travestirono da poliziotti e riuscirono ad entrare indisturbati nell'abitazione della vittima designata.
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