A cura della Redazione

Sono tredici le persone arrestate questa mattina dalla Squadra Mobile di Napoli e dagli agenti del Commissariato di Castellammare di Stabia nell'ambito della inchiesta "Olimpo" coordinata dalla DDA di Napoli. Nove sono finite in carcere, altre quattro ai domiciliari. 

Estorsioni, violenza privata, armi ed esplosivi sono i reati contestati, tutti aggravati dal metodo e/o dalla finalità mafiosa. Sarebbero stati perpetrati negli anni 2013-2016 ai danni di imprenditori, esercenti commerciali e professionisti operanti nei territori di Castellamare di Stabia, Pompei, Gragnano, Pimonte ed Agerola. Nel corso del blitz, grazie all’utilizzo delle sofisticate apparecchiature in uso alla Polizia Scientifica, sono state rinvenute nell’intercapedine di un appartamento di uno dei principali indagati banconote per l’ammontare di circa 2 milioni e mezzo di euro, su cui sono in corso accertamenti.

Gli inquirenti hanno di fatto decapitato i clan “D’Alessandro” e “Cesarano” operanti, rispettivamente, nella zona collinare ed in quella “dabbasso” di Castellamare di Stabia, con ramificazioni a Pompei; il clan “Di Martino” egemone a Gragnano; il clan “Afeltra” (attivo a Pimonte ed Agerola). Le consorterie criminali erano sostanzialmente alleate tra loro. Ciascuna ha continuato ad imporre costantemente “il pizzo” nei territori di rispettiva competenza, avvalendosi della propria forza d’intimidazione, esternata alla vittima di turno dai propri affiliati ovvero da soggetti “contigui” ai gruppi.

Gli accertamenti hanno fatto emergere innanzitutto la figura di Adolfo Greco, noto ed influente imprenditore stabiese nei settori della commercializzazione e distribuzione del latte, immobiliare, ricreativo-turistico, ritenuto da anni “contiguo” e al contempo vittima delle principali organizzazioni camorristiche operanti su Castellamare di Stabia e zone limitrofe. L'uomo fu già raggiunto negli anni ‘80 da un provvedimento di cattura in quanto affiliato alla N.C.O. di Raffaele Cutolo, poi condannato per favoreggiamento reale per l’intestazione fittizia del Castello Mediceo di Ottaviano (storica roccaforte del boss Cutolo), infine riabilitato.

Lo scenario investigativo ha disvelato «con assoluta chiarezza» le vessazioni subite nel corso degli anni dall'imprenditore, ma anche (e soprattutto) il rapporto amicale e di collaborazione criminale con gli esponenti apicali di diversi sodalizi camorristici locali. Tra questi, Teresa Martone, Pasquale e Vincenzo D'Alessandro, rispettivamente moglie e figli del defunto Michele, fondatore dell’omonimo clan; Paolo Carolei, “luogotenente” di Pasquale, per conto dei quali Greco ha costretto il titolare di una catena di supermercati ad assumere un nipote dei Carolei; Ferdinando Cesarano, storico fondatore dell’omonimo clan; i vertici del clan Afeltra, per conto dei quali ha indotto un altro noto imprenditore del settore lattiero-caseario a corrispondere ingenti somme di danaro. I vertici dei sodalizi criminali, consapevoli dell’enorme influenza sul territorio di Greco, si sono avvalsi sovente della sua preziosa opera di mediazione per concludere delle estorsioni nei confronti di imprenditori della zona (particolarmente recalcitranti) nel modo meno cruento possibile, onde scongiurare il pericolo di denunce e di conseguenti pressioni investigative, senz’altro nocive per i loro affari. In altre parole Greco (autodefinitosi “amico degli amici”) si relaziona da anni con la criminalità organizzata locale in modo funzionale ai propri interessi, elargendole periodicamente somme di denaro per esercitare in assoluta tranquillità la propria attività imprenditoriale ed avvalersi, al contempo, di un prezioso referente (al quale garantisce tra l’altro il viatico per radicarsi nella società civile) per risolvere eventuali problematiche legate alla “strada”.

Il “rispetto” e la “stima” di cui Greco gode in seno agli esponenti di spicco dei clan, rivelano che l'imprenditore ha rapporti solo ed esclusivamente con i vertici (ovvero con i loro familiari o fiduciari) i quali, peraltro, lungi dal “convocarlo” (come solitamente accade alle vittime di estorsione), gli prestano il dovuto “riguardo” recandosi personalmente presso la sua azienda, a Castellammare di Stabia, previo appuntamento telefonico.

Le indagini hanno inoltre cristallizzato i legami di Greco con l’organizzazione di stampo mafioso dei Cesarano. In particolare, sarebbe riuscito a contrattare l’entità della somma da elargire facendo ricorso a espliciti riferimenti alla sua vicinanza al clan e ad “accordi” con i precedenti vertici dello stesso, in particolare interagendo prima con Nicola Esposito, detto “o’ mostro”, e poi con Luigi Di Martino, 'o profeta, e i loro affiliati, quali Giovanni Cesarano, Aniello Falanga e Attilio Di Somma.

Inoltre sono state accertate numerose e diverse attività estorsive poste in essere dai vertici dei Cesarano in danno di imprenditori e commercianti, vessati anche con l’esplosione di ordigni come accaduto ad un supermercato, appartenente ad una nota catena commerciale, al fine di piegare la resistenza del titolare. 

Attività estorsive che venivano poste in essere anche dal clan Di Martino di Gragnano, in particolare da Liberato Paturzo e Vincenzo Di Vuolo. Vittime diversi imprenditori ed amministratori condominiali costretti a scegliere sotto minaccia le imprese contigue al clan per l’esecuzione di alcuni lavori edili. Minacce gravi estese anche a direttori di banca, come, ad esempio, nel caso di Paturzo, imprenditore edile, peraltro già condannato per il reato di associazione di stampo mafioso, indicato quale volto imprenditoriale del clan D’Alessandro, ma contiguo pure ad altre realtà criminali come quella operante a Gragnano.

In relazione all’estorsione perpetrata nei confronti di un imprenditore lattiero-caserario, la misura cautelare ha raggiunto i vertici del clan Afeltra e singolarmente lo stesso Greco. In particolare, nell’aprile 2015, l'imprenditore taglieggiato, dopo aver subito ad Agerola il furto di due camion carichi di prodotti alimentari, si rivolgeva al potente ed influente Greco, che lo convinceva a recarsi da figure apicali degli Afeltra per informarli di quanto accaduto nel “suo” territorio, "omaggiarli" di un “pensiero” di 5.000 euro e chiedere loro nel contempo “protezione futura” per la propria azienda. 

Il clan, approfittando della sua venuta, avanzava immediatamente una richiesta di 50.000 euro, ma Greco rimproverava gli Afeltra di non avere adottato un metodo corretto, in quanto la vittima andava vessata “piano piano”, cosa che puntualmente avveniva costringendolo a soddisfare le pretese dell’organizzazione camorristica degli Afeltra.

(le banconote - 2,5 milioni di euro - trovate in una intercapedine dalla Polizia Scientifica)

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