A cura di Anna Casale

Giù le mascher-ine, dopo lo stop imposto dal Covid, al teatro dell’Istituto “Salesiani Don Bosco” di Torre Annunziata è di scena “Destripado, la notte qui non si dorme”, commedia horror in due atti di Pasquale Scognamiglio per la regia di Luigi Loreto, responsabile del corso di recitazione e attore dello spettacolo, tenutosi per la prima volta quest’anno.

TRAMA: “Siamo nella provincia beneventana, dove, in un casolare diroccato, vivono Donato Destripado, insieme alle figlie Smeralda, Diamante e Libera.

La famiglia possiede un’azienda di gelato artigianale che fornisce tutte le gelaterie della provincia.

Donato passa intere giornate nel suo laboratorio a sperimentare nuovi gusti per i suoi gelati tanto da averne creati alcuni molto particolari. È contro ogni tipo di spreco o consumo e crede che ogni cosa che esista in natura possa essere riciclata per dare vita a tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno, anche i cadaveri delle persone, difatti, la notte, c’è un continuo via vai di becchini che trasportano le salme dal cimitero al laboratorio.

Inoltre, Donato, dopo la morte della moglie a causa di un infarto ma soprattutto a causa del ritardo dei soccorsi, reputa il mondo: “un luogo troppo sporco e cattivo per poterci vivere”, di conseguenza ha segregato le tre figlie nel casolare non permettendole mai di uscire.

Le ragazze sono state accudite e cresciute da Ashwin, “maggiordoma” napoletana, che si finge tedesca, che bada al casolare e a tutto quello di cui la famiglia ha bisogno. Per le tre ragazze ogni giorno è uguale all’altro fino a quando, Diamante, non decide di inserire il casolare in cui abitano su di un sito internet “affittacamere” inserendo foto di una struttura diversa: a cinque stelle.

Dopo poche ore Diego e Sergio hanno prenotato il casolare per due notti, per festeggiare l’addio al celibato dell’amico Carlo, promettendogli un week end…da paura!!!

Mi appresto ad entrare in sala ed incrocio tanti occhi carichi di speranza, emozioni palpabili, saluti incerti tra un gomito che va e una mano che resta indietro, sorrisi timidi e pronti ad esplodere nel ritrovarsi dopo mesi d'innanzi ad un palco.

Incontro il regista Luigi Loreto e il responsabile della struttura, Don Luca De Muro, e chiedo loro qualcosa in più sull’esperienza che giunge al termine.

Com’è partito il progetto e soprattutto come siete riusciti a strutturarlo e a portarlo avanti durante questo periodo di chiusure?

“D'accordo con Don Luca abbiamo creato questo gruppo per i ragazzini dell'oratorio. Il corso è iniziato ad ottobre, lo abbiamo diviso in due parti: nella prima ho cercato di insegnare loro la parte più tecnica e basilare della recitazione dopodiché, nella seconda, siamo passati alla struttura del testo, com’è fatto, come impararlo ed interpretarlo. I nostri sono ragazzi che non hanno mai avuto esperienza nel campo teatrale – ci spiega il regista- e la pandemia ci ha rotto un pò le uova nel paniere perché ci ha costretto più volte a sospendere le attività ma siamo riusciti ad arrivare ad oggi".

Con lo stop and go a cui le restrizioni ci hanno costretti siete riusciti a recuperare ciò che avevate lasciato in presenza?

“Negli ultimi mesi, cioè da quando abbiamo avuto più libertà, i ragazzi si sono impegnati tantissimo – risponde Loreto - attraverso una presenza costante e partecipativa”.

Quali sono stati gli sviluppi, sul piano personale, apportati dal questo percorso?

“Hanno imparato a collaborare, ma nel vero senso del termine. Ho voluto si interessassero delle scenografie, ai costumi, al trucco, non solo ed esclusivamente alla recitazione. Credo che un attore debba formarsi in toto per avere la possibilità di conoscere bene lo spazio teatrale, che è il luogo vero e proprio dove l'attore può immergersi in qualsiasi tipo di personaggio e concentrarsi solo sulla recitazione. L'attore vive esclusivamente nello spazio scenico – aggiunge Loreto - e lo deve conoscere perfettamente, proprio come se fosse casa sua, deve essere padrone del suo personaggio ed il suo personaggio lo deve essere della scena".

Don Luca, per l’occasione attore protagonista dello spettacolo, il progetto in questione sarà riproposto? Cos’altro bolle in pentola?

“Questo è stato un progetto rivolto al nucleo animatori dell'oratorio. Un gruppo, questo in particolare, che si è distinto per una presa di coscienza della corresponsabilità in oratorio. Il ricavato di queste tre serate sosterrà la loro formazione estiva, un campo scuola dell'animazione salesiana. Sicuramente il laboratorio sarà ripreso, ma ce ne saranno di nuovi. Chi mi succederà, perché da settembre arriverà un altro incaricato, di sicuro continuerà a credere in questo progetto. Questo – continua - fa parte di tante altre attività che l'oratorio propone ai ragazzi sia dal punto di vista sportivo che dal punto di vista culturale e dell'animazione per la loro formazione. Cerchiamo di offrire tante opportunità".

Siamo arrivati alle battute finali: un pensiero sulle prospettive future.

“Sicuramente lavorare ancora insieme – risponde il regista Luigi Loreto - e mi auguro di poter continuare questo percorso con i ragazzi. Hanno formato davvero un bel gruppo, hanno lavorato bene ed alcuni elementi, con impegno, possono aspirare a raggiungere punti più alti".

Il teatro sarà sicuramente per il futuro un caposaldo del quartiere e punto fermo per tante famiglie e per moltissimi ragazzi della zona. Parliamo di un’arte altamente formativa precettrice di cultura, senso di responsabilità ed impegno. 

Uno spettacolo a dir poco strabiliante, cadenzato allo stesso tempo da ilarità e malinconia senza mai cedere alla noia. I ragazzi andati in scena sono stati a dir poco sbalorditivi. Sicuramente le emozioni hanno fatto da padrona (chi può sfuggirne?) ma sono riusciti abilmente ad interpretare i caratteri dei personaggi messi in scena, mantenendo una professionalità tale da non sembrare minimamente alle prime armi. Grande menzione alla bravura dei ragazzi dietro le quinte che si sono occupati di luci e suoni: complimenti.

Applausi a scena aperta giovani attori in erba: per aspera ad astra.