A cura della Redazione
Vorrei intervenire sulla attuale, anomala situazione torrese con un modesto parere da costituzionalista. Preciso che conosco bene Starita, come del resto Monaco, Porcelli e Telese: questione di vecchie amicizie in una città in cui ci si conosce un po´ tutti, di identica sensibilità politica (ma ero e resto un socialista, la vicenda del PD - per mio conto una bella intuizione largamente sprecata - non mi riguarda affatto), di colleganza professionale di avvocato con loro. Prescindo perciò da profili "personali" e intimistici e resto al punto politico-istituzionale. La scelta del Sindaco, in termini appunto istituzionali, in teoria non mi scandalizza. Cambiare cavalli stanchi per proseguire la corsa (e, in questo caso, per garantire stabilità all´amministrazione) era la prassi tipica dei governi - locali e centrali - della Prima Repubblica e questa è la temperie ideale in cui mi sono formato e che non ho mai rinnegato per inseguire modelli a mio parere sbagliati. Del resto, oggi a Roma c´è chi parla di governi tecnici, di emergenza, istituzionali e - se si è intellettualmente onesti - si deve dire che la logica della proposta (di Casini, di D´Alema) è, a parte i dettagli, identica a quella che oggi ha mosso la scelta di Starita. C´è un punto essenziale, però. Altri - non io, che le ho sempre criticate - si sono riempiti la bocca di formule come "democrazia immediata", "no ai ribaltoni", "rispetto della volontà degli elettori". Si sono costruite, su un nuovismo affrettato di questo genere, partiti (dei predellini, delle primarie, o delle manette) e carriere politiche, sono state conquistate cattedre universitarie. Ora non si può dre improvvisamente che si è scherzato e tornare all´antico. Ribadisco: il nuovo, a partire dall´elezione diretta dei sindaci e seguitando con quello che è venuto dopo, non mi piace. Però oggi c´è. E ha una sua logica. Se una coalizione si rompe e non si ricompone il dissidio all´interno delle medesime forze che hanno assunto un impegno coi cittadini, o si dimostra che il mutamento di quadro politico è motivato da adempimenti inderogabili, senza dei quali verrebbe la fine del mondo (detto più chiaro: da qui alla scadenza della consiliatura Torre potrebbe avviare veramente i suoi troppi problemi a soluzione?), o è più decente e dignitoso tornare a votare. Si può credere, come me, che la Prima Repubblica non fosse poi quella schifezza che si è favoleggiato dopo, specialmente paragonandola all´oggi (e infatti Berlusconi è chiaramente al tramonto, Veltroni e Franceschini sono stati giustamente bolliti per la loro nullità, Bersani è un opaco curatore fallimentare, Vendola - che si annuncia - è più berlusconiano di quanto possa apparire). O si può puntare su nuovi modelli. Tenere le due cose assieme, però, questo proprio non si può fare. SALVATORE PRISCO * * Ordinario di Diritto Costituzionale presso l´Università Federico II di Napoli, avvocato, giornalista, scrittore e saggista