A cura della Redazione
Una partita senza pubblico è come una rappresentazione in un teatro vuoto, o un film proiettato in una sala vuota: è la negazione dello spettacolo. Una misura estrema che si può anche accettare come momento repressivo, mai però come prevenzione. Perché Savoia-Juve Stabia aperta ai soli duecento abbonati è una repressione preventiva anche se, formalmente, leggendo le motivazioni del provvedimento, il divieto generalizzato di vendita dei biglietti viene di fatto definito una punizione per quanto accaduto prima di Savoia-Matera. Anche allora, in maniera ancor meno comprensibile, fu bloccata la prevendita, un centinaio di tifosi sfondò la barriera di pre-filtraggio ed entrò in curva (per poi uscirne dopo qualche minuto): una pessima idea per dimostrare il proprio dissenso che ritardò l’inizio della gara e oggi motiva il nuovo provvedimento. Ma così non se ne uscirà mai fuori, o se ne uscirà definitivamente, nel modo peggiore per tutti noi, cresciuti su quelle tribune: tifando, gioendo, molto spesso soffrendo. Credo di appartenere al partito della legalità, ho profondo rispetto che tutti coloro che provano (qui con immensa fatica) a garantire il rispetto delle leggi e in genere l’ordine pubblico, ma ritengo che stavolta questa severità possa produrre effetti opposti a quelli desiderati. Non penso che Questore, Prefetto e Ministro puntino alla cancellazione di una piazza, come quella torrese, che già non gode di ottima salute calcistica. Il divieto di trasferte, in parte attenuato dalla trasmissione tv di tutte le partite, ha quasi azzerato gli incidenti. Un sacrificio utile, anche se continuo a sognare di poter vivere in un Paese in cui il verbo vietare sia coniugato il meno possibile. Ma impedire che si possa andare allo stadio solo per tifare la propria squadra può solo accelerare la fuga dal calcio delle persone normali. Il rispetto (e il costo) delle norme antiviolenza vale anche se gli spettatori sono appena qualche centinaio, l’incasso serve alla copertura di quelle spese. Ma questa è una considerazione pratica e non interessa chi emette i provvedimenti di divieto. Meglio arrivare al paradosso, meglio sarebbe non giocarla proprio questa partita, inserita in un campionato professionistico, organizzato cioè per produrre divertimento, non tristezza. Siamo vicini al fallimento, delle emozioni. MASSIMO CORCIONE