Guardando le partite degli altri, ti accorgi quanto sia straordinaria la macchina di precisione costruita da Sarri per il Napoli. Credo che questo pensiero sia stato ricorrente tra gli otto milioni e trecentomila italiani che hanno assistito in tv al derby di Coppa Italia tra Milan e Inter: l’audience era da appuntamento di primissima fascia, un evento assolutamente da non perdere. Per il calcio è una di quelle occasioni impossibili da fallire, e invece l’unica sentenza emessa dalla sfida è stata sul valore dell’altro Donnarumma, la riserva di famiglia. Troppo poco per chi aspettava la celebrazione interista o, in alternativa, la certificazione del valore del Milan, miraggio estivo svanito con i primi freddi.

Più di tutto ha colpito quella sterminata platea la differente velocità di esecuzione di ogni gesto contenuto all’interno della partita: il termine di paragone era sempre il Napoli, l’esito è stato disarmante per i potenziali rivali. Si provano oggi le stesse sensazioni che vissero coloro che furono testimoni dell’era sacchiana del Milan. Gli spettatori, allora, rimanevano incantati anche se non avevano mai tifato per i milanisti, neppure ai tempi di Rivera. Era uno spettacolo unico, che nessun'altra squadra era in grado di replicare. O avevi Maradona dalla tua parte, oppure eri destinato a rimanere incantato e, allo stesso tempo, roso dall'invidia. Quei ricordi occupano ancora la mente dei superstiti, solo da un anno è sorto il problema della concorrenza portata alla sacra memoria dalle gesta di questo Napoli. E’ piacere puro, gioia destinata agli esteti e non ha nessun rapporto diretto con il risultato: quel Milan in Italia vinse pochissimo, la sua leggenda andò a costruirsela, mattone su mattone, sui campi del mondo, in visione planetaria. Il piano Napoli è in piena gestazione, l’attuale primo posto in classifica è solo un suggerimento che anticipa possibili ipotesi su come potrebbe finire questa prima parte della storia.

Un motivo supplementare per chiudere questo anno, il 2017, in testa, un modo per legittimare aspettative non velleitarie. Il particolare che così manterrebbe a distanza di sicurezza la Juventus sarebbe motivo di ulteriore orgoglio. Ecco il senso della trasferta a Crotone, nello stadio meno evocativo della serie A, contro una squadra che ispira simpatia per l’impresa realizzata la scorsa stagione: conquistò la salvezza quando neppure con atto di fede si sarebbe potuto puntare sulla sua sopravvivenza. Quella formazione non è più allenata da Davide Nicola, al suo posto l’esatto suo contrario: Walter Zenga è un simpatico guascone che le sue vittorie da generale le ha conquistate tutte lontano dall'Italia. Eppure, non è mai diventato eroe: per caso e non per demerito. Ha accettato la prima opportunità, temendo che potesse essere l’ultima. Da commentatore era bravo, ma non si divertiva. Da avversario del Napoli può essere anche peggio.

(*già direttore di Sky Sport)