A cura della Redazione
E’ stata indetta una conferenza stampa dei comitati del "no" alla seconda foce del fiume Sarno. Si terrà il 21 ottobre a Torre Annunziata per spiegare alla popolazione di una vasto territorio (si calcola un bacino d’utenza di circa 800 mila persone) gli interessi che sono in gioco nella realizzazione di questo progetto a fronte delle sacrosante aspettative di completare la bonifica di un corso d’acqua che in termini di pericolosità probabilmente batte anche la terra dei fuochi. Di tanto si è detto scientemente convinto il professore Antonio Giordano, noto scienziato impegnato in ricerche sul cancro presso centri universitari americani, che è stato intervistato presso il centro Commerciale la Cartiera dopo una sua conferenza. Da tempo è stato costituito un “Tavolo Tecnico Sarno”, con lo scopo di acquisire informazioni, documenti e dati aggiornati sullo “stato di salute” del corso d’acqua più inquinato d’Europa e degli abitanti del territorio, che vivono una continua emergenza. Il problema di fondo sono la cronica persistenza dell´inquinamento della Valle del Sarno ed il dissesto idrogeologico frutto della politica di creazione dell´emergenza. Il gruppo di lavoro che terrà la conferenza stampa propone un approccio innovativo al tema della mitigazione del rischio idraulico, ponendolo come immediato corollario di una riqualificazione fluviale. «In questi venti mesi, noi del tavolo tecnico abbiamo predisposto un dossier sulla situazione del bacino idrografico del fiume. Ad esso hanno partecipato esperti del settore ma anche cittadini comuni. L’argomento è stato oggetto di due interrogazioni parlamentari (al ministro dell’Ambiente ed a quello della Salute) da parte del M5S. E’ seguita la mobilitazione popolare (Sarno Tour e raccolta di firme presentata alla Presidenza della Regione Campania). «La nostra convinzione è che il progetto Arcadis nasce vecchio perché basato su studi che hanno oltre quindici anni (una eternità, in campo di difesa del suolo, ndr) - sostiene Virginia la Mura per il M5S -. La mitigazione del rischio idraulico in questo modo rischia di aumentare il danno senza risolvere a fondo i problemi, mentre si dovrebbe evitare la cementificazione e la costruzione di vasche di laminazine colabrodo o comunque pericolose». Conclude La Mura, che insieme ad altri tecnici propone una gestione innovativa delle acque meteoriche capaci di risolvere il problema se collegata ad una serrata lotta alla illegalità, con opportuni divieti ed abbattimenti o delocalizzazione di manufatti in aree a rischio esondazione. MARIO CARDONE twitter: @mariocardone2