Spesso accade che la normalità sia un traguardo lontano, ma quando lo scopri, la delusione resta ancora cocente. Più o meno come il sole che la mattina di ferragosto batteva sulla banchina del porto di Torre Annunziata: qualche centinaio di inguaribili ottimisti aspettava in disordine sparso il traghetto che prometteva di portarli fino ad Amalfi.

La riscoperta della cosiddetta via del mare che qui più volte abbiamo smarrito era stata giustamente annunciata come uno dei piccoli grandi eventi (positivi)di questa estate 2017, tanto da giustificare nelle chiacchiere il tema delle partenze in motonave come piacevole alternativa alle insopportabili file in auto. Di spazio per le parole ce n'era tanto per coprire la lunga attesa: alle otto e mezza molti degli aspiranti gitanti erano già lì, anche perché in moltissimi aspettavano di poter acquistare il biglietto, così come promesso dal rassicurante cassiere del Bar Ittico, indicato originariamente dall'armatore come botteghino ufficiale. Era solo l'inizio della fine: l'arrivo della nave, consacrata alla memoria di Capitan Morgan (leggendario pirata che dà il nome alla compagnia) segnava l'apertura delle danze con una movimentatissima coreografia: il gruppo seguiva il capitano che compilava ticket come un antico amanuense, mentre gli uomini della Guardia Costiera cercavano di ricondurre a una qualche forma di figura logica un disordine impaziente e vociante. Bastava staccarsi leggermente dal gruppo per valutarne appieno l'anacronismo: nell'era di internet, delle app, dell'informatica applicata anche alla spesa dal droghiere, quei biglietti scritti a mano, quella ricerca dell'ultima monetina per consegnare il resto riportavano a tempi lontanissimi, l'assenza di transenne anche virtuali che dettassero una regola ai movimenti del coro sempre più agitato gettavano inquietudine nel giorno di festa che quegli stessi protagonisti avevano progettato di vivere in maniera diversissima.

La colonna sonora è di quelle da hit: si va da "hanno ragione i leghisti" ai tentativi della Marina "siamo qui per vedere che tutte le norme di sicurezza siano osservate, non per mettervi in fila". Il caos dura un tempo infinito sotto il sole, senza ombra il tempo si dilata. E il fastidio diventa insopportabile. Si arrendono le nonne e i nipoti, il salto generazionale stavolta non conta, molti ritornano alle antiche code, ai treni superaffollati, alle spiagge tritatutto, alle chiacchiere di sempre:. Il tema costante è che non è mai colpa di nessuno, ma non funziona niente, lontano da Torre forse si sta meglio.

Ovviamente la conclusione catastrofica è la più lontana dalla verità, ma la normalità resta la meta da raggiungere. Per questo racconto avrei voluto  trovare un interlocutore diretto, un responsabile verso il quale indirizzare almeno la mia delusione di spettatore: forse TorreSette è lo strumento migliore per fare in modo che tutti leggano e, soprattutto, che qualcuno si renda conto che è sempre tardi per fare qualcosa presto, anzi subito.

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