A cura della Redazione

La realizzazione del centro commerciale Maximall Pompeii porterà sicuramente benefici alla città di Torre Annunziata e, più in particolare, ai residenti del luogo. Ma per circa 40 anni gli stessi hanno convissuto con una bomba ecologica. 

Vi proponiamo la lunga lettera del dott. Gennaro Cirillo, che manifesta il proprio compiacimento per il nuovo insediamento, ma non può esimersi dal denunciare, con amarezza mista a rabbia, i patemi subiti dagli abitanti della zona per essere stati lasciati soli a combattere una battaglia, inascoltata, contro  il degrado in cui piombò l'ex fabbrica Italtubi dopo la sua chiusura.

"Vorrei unirmi al coro di entusiasmo espresso da molti anche su questo giornale nei riguardi del nuovo centro Maximall Pompeii che sta sorgendo sulle ceneri dell’area ex Italtubi e zona annessa, quest’ultima di circa 100 mila mq., cioè pari a circa la metà dell’intera superficie asservita.

Vorrei però farlo in modo adagio e raccontare le vicissitudini che hanno portato a questo evento, la cui storia va ricordata e fatta conoscere alle nuove generazioni affinché sappiano come si distrugge un territorio con la motivazione dello sviluppo.

Dopo un lungo periodo di espansione industriale, le fabbriche sorte nella cosiddetta area di sviluppo industriale cominciano a morire, lasciando sulla strada migliaia di persone.

Il comune di Torre Annunziata, nel febbraio del 1981, circa due mesi dopo il terremoto del novembre 1980, espropria l’ultima zona agricola rimasta nel territorio per dar corso ad una richiesta del Consorzio Asi di destinarla all’ampliamento della vicina Italtubi, a condizione di conservare l’organico esistente e assumere altre sessanta persone.

La politica, però, non si accorge che l’amianto usato da questa industria era in fase di abolizione, in quanto nocivo alla salute umana, tanto è vero che aveva provocato diverse morti per asbestosi (malattia polmomare, ndr) sia nella nostra località che altrove.

Infatti, già con legge n. 256 del 1974 vengono emanate nuove disposizioni concernenti rigorose modalità di trattamento di questo materiale e, dopo diverse raccomandazioni dell’Europa,  se ne vietò definitivamente l’impiego.

Così, dopo un periodo di alterne vicende, l’Italtubi chiude i battenti: nessuna nuova assunzione è possibile e i dipendenti in servizio sono accompagnati al pensionamento grazie anche alle provvidenze previste dalla stessa legge che aveva sancito il superamento definitivo dell’amianto.

Dal loro canto i coltivatori, che avevano tenuto in ordine i loro campi con produttività e che avevano subito l’atto d’imperio sperando di poter ottenere in cambio il posto di lavoro, per sé o per i propri figli, dovettero amaramente rimpiangere la perdita del loro terreno.

Da circa 40 anni quella zona è rimasta totalmente abbandonata e mentre i capannoni diventavano sede di graffiti o piste per disputare corse di auto telecomandate, l’area scoperta, derivante dall’esproprio, si trasforma in luogo di deposito di rifiuti urbani, di letame degli animali, di spazi utilizzati per allevare cavalli, di rifugio dei drogati, di baracche distribuite in diversi posti, di arbusti ed erbacce su tutta l’area, infestata da insetti, serpenti, ratti e roditori.

Quasi ogni anno abbiamo avuto un incendio che spargeva nell’aria particelle nocive di tutto ciò che si bruciava e solo così si faceva un po’ di pulizia, sebbene lasciando, fino alla futura pioggia, fumarole e cattivi odori.

Nessuno ha mai ascoltato i numerosi nostri appelli scritti, nessuno si è fatto vedere almeno per alleviare le nostre pene, neppure dopo il 2008 quando l’area è stata acquisita dalla Società Pompei 2000 che oggi, sia pure sotto altro nome, sta realizzando il nuovo centro turistico commerciale: veniva la polizia urbana e se ne andava subito dicendo che era area privata e non poteva fare nulla, mentre era pubblica (Consorzio Asi). Veniva la polizia di Stato e si limitava a raccogliere l’identità di qualche abitante del luogo per fare il verbale, mentre dobbiamo tutto ai Vigili del Fuoco, se dopo potenti getti d’acqua, le fiamme si spegnevano.

Invece oggi tutti si vantano di aver contribuito alla nostra rinascita, ma al nostro strazio, alla nostra afflizione durata 40 anni, al nostro scempio e alla nostra continua angoscia nessuno si è mai preoccupato, a cominciare dai politici che avevano favorito un inutile esproprio e alla distruzione di un inestimabile patrimonio tenuto per secoli dai contadini in armonia con gli elementari principi di ecologia e salvaguardia dell’ambiente.

Le nostre ripetute umili grida di dolore nessuno ha fatto fatica a raccoglierle, neppure il Comune al quale avevamo più volte chiesto e mai ottenuto un’ordinanza per tenere tutta l’area in buone condizioni igieniche in modo da evitare incendi.

Il 22 gennaio 2020, tutti sono corsi a Villa Guarracino per partecipare all’inaugurazione dei lavori del nuovo centro, peraltro già iniziati da tempo: ho assistito all’arrivo di numerose persone invitate, nessuna di loro si è mai occupata del lungo nostro supplizio.

Avevo chiesto anch’io di entrare e, non avendo alcun invito, non mi hanno fatto entrare.

Ciò che si sta facendo ora è perciò solo un piccolo ristoro agli abitanti del luogo, che non sono famelici per la lunga sofferenza patita, nonostante continuino a ricevere disturbi derivanti da rumori e polveri provenienti dal cantiere. Ma subiscono volentieri i disagi per il bene di Torre Annunziata".