A cura della Redazione

Alzano Lombardo è un comune di quasi 14 mila abitanti della provincia di Bergamo. Qui, a due giorni dallo scoppio del primo focolaio di Covid-19 a Codogno, domenica 23 febbraio, vengono accertati due casi positivi all’ospedale “Pesenti Fenaroli”. Il presidio viene immediatamente “chiuso”, per poi riaprire – inspiegabilmente – alcune ore dopo, senza che ci fosse stato nessun intervento di sanificazione e senza la costituzione nel pronto soccorso di triage differenziati né di percorsi alternativi (come ha riportato l’Avvenire.it). Da queste manchevolezze, poi, ebbe inizio il contagio di massa.

Ma la storia che vi vogliamo raccontare inizia il giorno prima, sabato 22 febbraio. A raccontarcela a telefono sono gli stessi protagonisti.

Da Alzano giungono a Torre Annunziata due giovani emigrati al Nord per lavoro, Ivan C. e Salvatore A..  Il primo è sposato e risiede ad Alzano, il secondo è fidanzato e risiede a Gorle, a pochi chilometri da Alzano.

“Siamo scesi giù – dicono - perché lunedì 24 febbraio dovevamo partecipare ad un concorso a Caserta nell’Air Mobilità.  A Torre Annunziata vivono i nostri familiari e così ne approfittammo per stare qualche giorno insieme a loro. In quei giorni già si parlava di coronavirus, c’erano i primo casi di contagio a Codogno, ma si guardava il tutto ancora con un certo distacco. Intanto, tra sabato e domenica ci siamo incontrati con amici e parenti, i quali ci guardavano già con un certa diffidenza perché provenivamo da nord, anche se Alzano Lombardo dista poco più di 100 chilometri di Codogno. Lunedì, dopo aver partecipato al concorso, partimmo in aereo per Bergamo. Giunti lì, vi trovammo l’inferno”.

E qui il racconto dei due trentenni si fa più serio. “Al ritorno trovai mia moglie molto impaurita – spiega Ivan – perché il virus sembrava essere entrato nelle “nostre” case. Abbiamo vissuto 6 giorni nel terrore. In un primo omento ci dissero che si trattava di una normale influenza, poi le cose incominciarono a cambiare. Fino a vivere il dramma attuale. Da quel giorno siamo chiusi in casa, anche se ad oggi non vediamo grossi miglioramenti. Si scende solo per andare al supermercato per acquistare il necessario – continuano i due amici -, con tanto di certificazione ministeriale per giustificare i nostri spostamenti. Ogni giorno assistiamo ad continuo via vai di ambulanze. Ad Alzano si conta quasi un lutto in ogni famiglia. Noi  lavoriamo nei trasporti locali ed anche tra i nostri colleghi ci sono stati contagi da Covid-19. Siamo costretti a lavorare  con restrizioni sempre più  rigide per evitare contatti con gli utenti. Fortunatamente non siamo stati contagiati e ciò è rassicurante anche per i familiari e gli amici che abbiamo incontrato quando siamo venuti a Torre. Tuttavia anche se fossimo stati asintomatici, oramai da allora è trascorso più di un mese…”.

La telefonata con Ivan e Salvatore termina con un appello. “Vi imploriamo – concludono i due amici -, restate a casa, siate prudenti perché non auguriamo a nessuno di vivere l’incubo che stiamo vivendo noi qui nel Bergamasco. Da voi sarebbe sicuramente un dramma maggiore, visto che le strutture sanitarie non sono così attrezzate come da noi in Lombardia”.

(Nella foto, l'ospedale di Alzano Lombardo)