A cura della Redazione

Dal Veneto alla Campania nel bel mezzo della pandemia e la sofferta decisione di vivere in un residence per non rischiare di contagiare la moglie e la sua bimba appena nata.

La storia è quella di Stefano Lai, urologo in servizio al Santa Maria delle Grazie che il 28 febbraio si è trasferito da Padova a Pozzuoli, e da allora si è auto-isolato. «Io e mia moglie - racconta - ci siamo conosciuti quattro anni fa e in questo tempo abbiamo cullato il sogno di costruirci una famiglia. Non avrei mai potuto immaginare che la nostra bimba appena nata l’avrei potuta vedere solo tramite un cellulare».

Lei originaria di Calvizzano (hinterland partenopeo) con un lavoro da infermiera a Rovigo, lui originario di Cagliari con una carriera costruita al Nord; si ritrovano oggi vicini, ma distanti, protagonisti involontari di una storia che racconta l’amaro paradigma dell’amore ai tempi del Covid.

«In vista del trasferimento al Santa Maria delle Grazie - dice Lai - abbiamo deciso che lei si sarebbe fatta seguire per la gravidanza al Nuovo Policlinico, così avrebbe avuto la possibilità di vivere il periodo della maternità con il sostegno della madre, e allo stesso tempo non saremmo stati lontani. Questo virus ha cambiato i nostri programmi».

Complesse per questa coppia anche le settimane che hanno preceduto l’arrivo in Campania. «Ben presto ci hanno informato che quella di mia moglie era una gravidanza a rischio, un pensiero dal quale non riuscivo a distogliermi. Anche perché io ero ancora a Padova con un lavoro a Venezia. Prima di partire per Pozzuoli, quando al Nord iniziavano ad accendersi i primi focolai sono andato a Torino, avrei dovuto fare un master in chirurgia robotica che poi è saltato. A quel punto ho organizzato il trasloco e sono partito». Una volta a Pozzuoli Lai ha deciso di mettersi in quarantena volontaria, non aveva l’obbligo ma ha preferito stare lontano da tutti fino al momento di entrare in servizio. Invece di andare a vivere con sua moglie, che di li a poco avrebbe partorito, ha deciso di prendere una stanza in un residence nei pressi dell’ospedale Santa Maria delle Grazie. La piccola Zaira è nata il 25 marzo. «Io l’ho vista solo una volta per poco più di un istante, l’hanno subito trasferita nella TIN perché era troppo piccolina». Nelle settimane a seguire solo la possibilità di ritrovarsi in video-chat, con la gioia della nascita ma anche con la morte nel cuore per non poter tenere la piccola stretta tra le braccia.

«Fortunatamente il lavoro mi tiene molto impegnato, il tempo per pensare ad altro è poco». Al Santa Maria della Grazie l’accoglienza per questo nuovo collega è stata calorosa, tutto il reparto diretto da Giovanni Di Lauro si è tratto attorno al neopapà. «Ora le mie giornate sono molto pesanti - dice con voce stanca Lai - ho una bimba appena nata e una moglie che si trovano a 30 minuti di auto, ma non posso andare da loro. Non ho paura per la mia salute, ma non potrei mai perdonarmi se portassi il virus da loro. È difficile da sostenere ci sono momenti di grande sconforto». E a chi gli chiede quale sia l’augurio per il futuro la risposta è una sola: «Spero che si trovi un vaccino o una terapia per poter riprendere la vita che abbiamo lasciato mesi fa. Mi auguro che presto si possa tornare godere di ogni istante. Ciò che faro è molto semplice, bacerò mia moglie e terrò in braccio la mia piccola Zaira fino a quando le braccia non mi faranno male».