A cura di Anna Casale

Non saranno mai troppi né pochi gli anni che ci “distanziano” dalla terribile esplosione del 23 maggio 1992, che provocò la morte del giudice antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato e dei tre uomini della scorta: Antonio Montinari, Rocco Di Cillo e Vito Schisano.

Un terribile attentato avvenuto per “mano” di Cosa Nostra. Uccisione decisa nel corso di alcune riunioni delle Commissioni di Cosa Nostra, presiedute dal boss Salvatore Riina, dopo la sentenza della Cassazione che confermava gli ergastoli del Maxiprocesso. Processo guidato da Falcone e da altri magistrati facenti parte tutti dello storico “pool antimafia”.

Uomo innovativo, perspicace, pratico e rigoroso, Giovanni Falcone, il magistrato che ha consacrato la sua vita alla lotta contro la mafia, conscio e consapevole dei rischi a cui sarebbe andato incontro. L’uomo che incarnava a tutto tondo lo spirito di servizio verso lo Stato. In tempi in cui si negava, in ogni ambiente, l’esistenza della mafia, fu tra i primi a parlare di un’organizzazione parallela allo Stato.

Cinquecento chili di tritolo esplosi che hanno creato, nella frazione di un secondo, una voragine fisica, lungo l’autostrada A29 Palermo-Mazzara del Vallo, ed una umana, nella coscienza di tutti noi. Un’aberrante tragedia che negli immediati istanti successivi vide, nell’incredulità, nel dolore, nella rabbia generale, una moltitudine di palermitani riunirsi in raccoglimento davanti all’abitazione del magistrato sotto il ficus magnolia, un albero sempreverde, presente di fronte casa Falcone, diventato sin da subito simbolo di riscatto per dire no alla violenza mafiosa.

Da allora, ogni anno in tutta Italia, il 23 maggio, si tengono una lunga serie di iniziative per commemorare la morte del magistrato, supportate ed organizzate, oltre che dagli apparati statali, dalla “Fondazione Falcone”, creata subito dopo la strage da Maria Falcone, sorella del magistrato, in prima linea per combattere la criminalità organizzata promuovendo l’educazione alla legalità in tutti i campi. Nel 1996 l’ONU ha riconosciuto alla Fondazione lo status consultivo in qualità di ONG presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite.

“Giovanni e Paolo Borsellino, eroi di tutti i giorni come chi oggi combatte il virus”, proclama la Falcone, nei giorni precedenti l’anniversario: “Nessun corteo per l'emergenza sanitaria, ma esponete un drappo bianco sui balconi”.

Anniversario che, quest’anno, avrà un “sapore” differente. Non ci sarà l’abbraccio comunitario e silenzioso sotto l’albero, non ci sarà la Nave della legalità, la Splendid della Snav, a portare gli studenti di tutta Italia in Sicilia, perché trasformata in ospedale Covid-19 galleggiante.

La giornata, intitolata “Il Coraggio di ogni giorno”, oltre che di commemorazione sarà dedicata a tutti coloro che durante l’emergenza sanitaria sono stati in prima linea sacrificandosi ed impegnandosi per il bene collettivo. Adesso, più di prima, lo slogan va urlato, perché nei momenti di maggiore difficoltà le mafie sono le prime a scendere in campo ad approfittarne. Il fronte comune dei liberi cittadini deve essere quello di stringersi nel combattere l’illegalità guardando ben oltre l’orizzonte, avendo come guida coloro i quali hanno “combattuto” con sacrificio, non girando lo sguardo altrove per “non vedere”.

“Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana” (Giovanni Falcone).

(Nella foto, in alto Falcone. In basso la moglie Morvillo e i tre uomini di scorsta)