A cura della Redazione

A Torre Annunziata siamo abituati a vivere il 22 ottobre come un momento di grande festa. Ogni cittadino, fin da bambino, impara a conosce e a vivere la festa votiva come se fosse una parte della sua vita. Poi, crescendo, la metabolizzerà al punto tale da considerarla un fortissimo momento identitario.

Così ogni torrese, spesso anche non credente, ha imparato a conoscere i minimi dettagli degli attimi che la caratterizzano; ha imparato come si articola l’imponente processione che segue il trono della Madonna della Neve sostenuto dai suoi pescatori; i toni dei colori che si susseguono in un ritmo incessante; le voci che ne scandiscono i tempi e la particolarità dei suoni. Il tutto a lungo andare hanno la forza di ricavare nelle nostre menti un ricordo ben preciso, ricorrente e impossibile da potersene disfare.

Insomma il 22 ottobre ha sempre riservato la certezza di un processo antico, che non è mai cambiato fin dagli anni prossimi alla miracolosa divina intercessione, avvenuta in quel lontano 1822, e da quel 1879, quando la Congregazione del Sacro Rito decretò l’ufficialità di questo grande “fenomeno” di popolo.

A sua volta, a quel mai monotono processo che nel frattempo ha assunto la caratteristica consona della tradizione, non è mancata la certezza dell’intervento festante della platea torrese che ogni anno inonda e si riversa ai bordi delle vie della nostra cittadina vesuviana trasformandole in un chilometrico palcoscenico.

Nelle cronache storiografiche locali e nel ricordo degli anziani, dal momento di quell’ufficialità, non esiste nessuno che parli di interruzioni della tradizionale processione del 22 ottobre, cosa non avvenuta né durante la terribile pandemia di Spagnola che funestò l’Italia tra il 1918 e il 1920, e nemmeno in concomitanza con le due guerre mondiali che devastarono il contesto sociale del mondo intero.

Per questo il 22 ottobre 2020 verrà ricordato dagli storici locali e negli annali come un evento straordinario, e - come qualcuno ha affermato - è stato l’anno della “non festa”. Oppure anche come l’anno dell’incertezza, in quanto ci siamo ritrovati a vivere quello che nessuno di noi avrebbe mai immaginato di vivere. E tutto quello che si credeva fosse un dettato di azioni insite in una tradizione secolare inviolabile, che - a cadenza annuale - ci rianima e ci sostiene, invece, si è riproposto in un qualcosa di aberrante che solo lo smarrimento di un’assodata normalità poteva suscitare, proprio come sta avvenendo in questo tempo di gravi difficoltà.

Ma nonostante le drammatiche ripercussioni inferte alla nostra società dal Covid-19, che di prepotenza è entrato nelle nostre vite, minacciando la nostra normalità e limitando la nostra libertà, non è mancata la speranza nutrita da tanti torresi che, fino all’ultimo momento, hanno sperato di poter vedere il trono con la loro bella Madonna uscire dal portone della Basilica e, affacciandosi sul sagrato, scendere gli scalini per inoltrarsi tra chi l’attendeva.

Le voci del popolo che l’anno sostenuta sono state tante e in tutti i modi: “fatela uscire”; “non può essere”; “è malaurio”; “non toglieteci anche la speranza”, “non toglieteci anche la Madonna della Neve!”.

Però, benché il clima di tristezza si avvisava in tutta la città, poi il “miracolo” si è ripetuto, ma nel senso inverso e nonostante le difficoltà, le imposizioni e i rigidi protocolli imposti, in un clima insolito, in una piazza Giovanni XXIII mai gremita durante tutto l’arco di questa giornata, come invece avveniva di solito in quest’occasione. Mestamente il popolo torrese si è recato ad omaggiare la sua Vergine Bruna e “’a Zingarella”, così come l’aveva amorevolmente chiamata mons. Antonio De Felice il 14 gennaio del 1977 nella sera del ritrovamento dopo il suo furto, detto da qualche fedele che vive un rapporto empatico con la Sacra Icona.

E il merito è stato indubbiamente del popolo di Torre Annunziata fedele alla Madonna, che - come è stato affermato dai tanti volontari intervenuti per dare il massimo supporto alle autorità locali affinché tutte le disposizioni venissero rispettate dentro e fuori alla Basilica - ha dimostrato in modo rigoroso una grande forma di civismo, pazientando, ascoltando i volontari con cui si sono interfacciati per tutto l’arco della giornata e attenendosi a quanto veniva comunicato loro ai varchi d’accesso alla chiesa. I torresi che si sono susseguiti per la loro tradizione visita, si sono resi artefici del buon esito di una manifestazione che invece inizialmente preoccupava gli organizzatori per i risvolti che poteva avere.

Di ciò si sono rallegrati mons. Raffaele Russo, parroco rettore della Parrocchia di AGP, Basilica Pontificia di Torre Annunziata, il sindaco della Città di Torre Annunziata, Vincenzo Ascione, e anche S.E. il Vescovo di Nola, mons. Francesco Marino, che ha portato il suo saluto e, dimostrando la sua paterna vicinanza alla Città, ha presieduto l’ultima messa serale che di fatto ha chiuso questa lunga e storica giornata.

In conclusione, associandoci a quanti ieri hanno riposto le proprie speranze ai piedi della Madonna della Neve, ci auguriamo che la Santa dissolva presto questo nuovo momento di tenebre e che, dallo spiraglio di luce che vorrà aprirci, riaffiori quella speranza mai assopita di rivedere la Città finalmente salva e ridestata soprattutto da quel torpore che l’attanaglia da troppo, da lunghissimo tempo.